lunedì 22 dicembre 2014

Il cuore oscuro dell'Amazzonia

28 Novembre 2014
È proprio vero che l'Amazzonia è un cuore verde, piatto, solcato da intrecci di fiumi che ricordano vene e arterie di un essere vivente. Dal finestrino del cessna vediamo scorrere sotto di noi il Rio Negro, con i suoi trenta chilometri di larghezza e gli infiniti canali paralleli divisi da decine di isole lussureggianti. Difficile dire quali siano i limiti di questa massa d'acqua, il fiume si confonde con la foresta, tanto che quando arriva la stagione delle piogge, intere zone vengono allagate per chilometri e il livello dell'acqua può salire di 5-6 metri.
Il Rio Negro ha sempre rappresentato un luogo mitico nella mia immaginazione, teatro di grandi esplorazioni, come quella leggendaria di Alexander Von Humboldt nella primavera dell'anno 1800. In quel viaggio di oltre settanta giorni era stato scoperta il braccio Casiquiarie, un canale in bilico tra i due bacini dell'Orinoco e del Rio delle Amazzoni, un passaggio che permette a piccole imbarcazioni di passare da un fiume all'altro attraversando interamente quest'area del Sud America. Lo spartiacque che divide questi due enormi catini del pianeta è lo scudo della Guyana, la terra dei tepui, le grandi fortezze di quarzo che si ergono dalla foresta e che sono divisi tra due nazioni, nella Gran Sabana e l'Alto Orinoco del Venezuela, e nell'alta conca del Rio Negro in Brasile.
Durante gli ultimi cinque anni abbiamo raggiunto queste montagne da nord, dal Venezuela, ma oggi vogliamo vedere il massiccio più meridionale, quello che segna la fine di queste terre incognite: il massiccio dell'Aracà, l'unico che si trova interamente in territorio brasiliano.
Abbiamo passato gli ultimi due giorni a Barcelos, una ridente cittadina sulle rive del fiume. Gli uomini che vivono qui, principalmente indigeni, parlano di questa montagna come di un mondo lontanissimo, pieno di mistero. Molto spesso, invece di Aracà, la chiamano "Serra Tantalita", infatti le poche persone che ci hanno messo piede sono state spinte laggiù dalla ricerca di questo rarissimo e altrettanto prezioso minerale di tantalio.
A detta di molti il maggiore conoscitore di questo massiccio è un minatore che si chiama Roberto. Ieri sera ci ha accolto davanti alla sua casa in mezzo alla foresta e ci ha raccontato di aver dedicato oltre dieci anni di ricerche del prezioso minerale sulla montagna.  Negli anni '90 era stata aperta addirittura una pista di atterraggio per piccoli aerei che arrivavano da Boa Vista per prelevare il prezioso carico. Poi la polizia federale aveva fatto saltare la pista e la montagna era tornata irraggiungibile. Gli abbiamo chiesto se in quegli anni aveva incontrato delle grotte. Suscitandoci molta curiosità ci aveva parlato di una galleria che si addentrava nella montagna, ma nella zona più a nord, a tre giorni di cammino dalla pista. Un luogo dove nessun altro essere umano, oltre a lui, è mai arrivato.
Da Barcelos alla montagna ci sono oltre 200 chilometri in linea retta. Tuttavia l'unico modo per raggiungerla, se non si dispone di un elicottero, è attraverso i fiumi Denali o Aracà. Entrambi compiono infinite spirali, ed è facile intuire che il percorso reale in barca si snoda per almeno tre-quattro volte quello via aerea. E comunque una volta arrivati alla base della montagna ben pochi sono i punti deboli della sua parete meridionale per poter salire sull'altopiano.
Le distanze qui sono enormi, dopo 40 minuti di volo sotto di noi c'è ancora solo foresta e fiumi. Tutto è piatto, sembra impossibile che ci sia una montagna da queste parti.
E invece, ad un certo punto cominciamo a vedere qualcosa ergersi tra le nuvole. Il pilota è indeciso sul da farsi e chiede a Ezio se vogliamo continuare questo sorvolo nonostante la montagna sembri circondata dalle nebbie. Ci guardiamo e dico sì, andiamo, cerchiamo di avvicinarci il più possibile. Man mano che l'aereo si insinua tra le nuvole e le pareti, l'altopiano si apre davanti alla nostra vista, solcato da torrenti che attraversano praterie e zone boschive. Giriamo attorno costeggiando le grandi pareti esterne e individuiamo alcuni ingressi interessanti. È un tepui diverso da quelli che abbiamo visto negli anni passati, meno fratturato, e quindi probabilmente meno interessante per l'esplorazione speleologica. Tuttavia il luogo emana un fascino unico.
D'un tratto si apre davanti a noi la valle che racchiude la Cachoeira de Eldorado, una bellissima cascata, considerata la più alta del Brasile con i sui 353 metri di altezza. Il paesaggio è grandioso, mi viene voglia di lanciarmici col paracadute ma poi che farei...
Nel 2007 una spedizione dell'associazione italo-brasiliana Akakor era riuscita a raggiungere il massiccio via fiume e risalendone il versante meridionale. Avevano esplorato anche una grotta importante, una profonda serie di fratture chiamata Abisso Guy Collet. Nonostante lo sforzo gigantesco e oltre tre settimane di selva la frazione di montagna esplorata in quell'occasione rimane davvero minima rispetto alle dimensioni dell'altopiano. Chissà che cos'altro ci può essere laggiù!
Con la mente sazia di questi pensieri dico al pilota che abbiamo visto abbastanza, possiamo tornare verso Barcelos. Oltre le nuvole, oltre l'Aracà, si vedono in lontananza altre cime. Sono montagne senza nome, terre degli indigeni yanomami. Altre isole che emergono da questo oceano verde.

Abbiamo condiviso questo viaggio con gli amici Ezio Rubioli, Alexander Lobo e Daniel Menin del Gruppo de Pesquisas Speleologicas Bambuì di Belo Horizonte.
È stato il primo passo verso i tepui dell'Amazzonia, nella speranza di riuscire un giorno a raggiungere quelle montagne e a carpirne anche solo una minima parte dei loro innumerevoli segreti sotterranei. 
La squadra italiana di La Venta era composta da Francesco Sauro, Natalino Russo, Daniela Barbieri e Omar Fantinel.
Le foto che seguono sono di Natalino Russo. 


Sorvolando il Rio Negro.

Le acque del Rio Negro sono rosso ambra per la presenza di acidi organici.

Navigando verso la foce del Rio Aracà.

Uno dei numerosissimi meandri del Rio Aracà.

La Cachoeira de El Dorado.

L'ingresso della Caverna di Maroaga, cavità che si sviluppa nelle quarzoareniti presso la cittadina di Presidente Figueiredo a nord di Manaus.

Splendide morfologie a pilastri nella Caverna di Maroaga.

Pilastri di quarzoarenite tra le montagne di Presidente Figuiredo. 

Il gruppo del sorvolo all'Aracà al completo.







martedì 7 ottobre 2014

In the House of the Gods - A documentary film about the most ancient caves on Earth



The market for adventure documentaries is monopolized by a few major broadcasters who produce standard narrative stories, often emphasizing faked extreme conditions with actors or well known television speakers. Real geographic explorers and scientists have limited space in these programs. Contrary to this approach, we want to produce a documentary film that gives the audience a chance to experience real exploration, first hand, by following a team of real explorers into one of the most remote places on Earth: A journey to the last Dark Continent that we have yet to discover completely. Since 2010, teams of cameraman have made several trips to film high-definition footage of the most ancient caves on Earth, in the venezuelan tepuis: landscapes, caves passages, minerals, interviews, emotions, hard and dangerous moments, aerial flights with helicopters and terrifying descents in bottomless abysses. Now, all this material is ready to be edited, thanks to the support of a famed Italian director, Tullio Bernabei. Help us bring this footage together into a finalized film! Contribute to the crowdfunding camapign in INDIEGOGO: https://www.indiegogo.com/projects/in-the-house-of-the-gods

Il mercato dei documentari d'avventura è monopolizzato da pochi grandi emittenti che producono storie narrative standard, spesso sottolineando condizioni estreme esasperate con attori o speaker televisivi ben noti. I reali esploratori geografici e gli scienziati hanno limitato accesso a questi programmi, e spesso la vera natura dell'esplorazione viene snaturata. Contrariamente a questo approccio, vorrei produrre un film documentario che dia al pubblico la possibilità di sperimentare la vera e propria avventura della scoperta, di prima mano, seguendo un team di esploratori reali in uno dei luoghi più remoti della Terra: le antichissime grotte di quarzite dei tepui venezuelani. Dal 2010, insieme col team La Venta abbiamo realizzato decine di ore di riprese di qeusti ambienti straordinari: paesaggi, ambienti di grotta, minerali, interviste, emozioni, momenti difficili e pericolosi, voli aerei con elicotteri e discese terrificanti in abissi senza fondo. Ora, tutto questo materiale è pronto per essere edito, grazie al supporto di un famoso regista italiano, Tullio Bernabei. Aiutaci a realizzare questo documentario! Contribuisci attraverso la campagna di crowdfunding su INDIEGOGO:https://www.indiegogo.com/projects/in-the-house-of-the-gods


domenica 25 maggio 2014

Imawarì Yeuta: il più vasto sistema di grotte nelle quarziti al mondo

 A distanza di oltre un anno dalla scoperta di Imawarì Yeuta, (“la casa dove dimorano gli dei” in lingua indigena Pemon Kamarakoto) è giunto il momento di fare un bilancio di questo progetto e degli eccezionali risultati ottenuti, nonostante le grandi difficoltà logistiche affrontate in questo remoto angolo del Venezuela.


La ripresa delle esplorazioni nel massiccio dell’Auyan Tepui risale al febbraio 2009, quando, durante un sorvolo, viene avvistato dal pilota Raul Arias un grande portale parzialmente crollato. La successiva ricognizione speleologica, avvenuta già nelle settimane seguenti, e una spedizione leggera nel marzo del 2010, rivela la prima grande grotta orizzontale scoperta sull’altopiano, la Cueva Guacamaya, caratterizzata da eccezionali mineralizzazioni di opale e silice amorfa. Già allora avevamo intuito l’enorme potenziale dei settori interni del massiccio, ma non sapevamo ancora dove si sarebbero potuti incontrare gli accessi giusti. Nel corso del 2011, grazie a un attento lavoro di interpretazione delle immagini satellitari, individuiamo la zona a nord-est della montagna come il maggior candidato ad ospitare un vasto sistema sotterraneo per la presenza di alcuni grandi collassi di crollo.
Il primo tentativo di raggiungere tale settore del massiccio avviene nel 2012, ma si scontra ancor prima della partenza con un tragico incidente all’elicottero, che ci costringe a ripiegare su una breve prospezione al Roraima. Tuttavia un ulteriore sorvolo in cessna conferma le supposizioni, individuando alcuni ingressi interessanti, seppur la zona sia in gran parte nascosta dalle nubi.

Arriviamo così al 2013, l’anno fatidico, dove La Venta unisce le forze al team venezuelano Teraphosa di Puerto Ordaz, guidato dall’instancabile Freddy Vergara, con l’obbiettivo di ritentare una spedizione in quella zona. Agli speleologi si aggiungono due guardie di INPARQUES, l’istituzione che gestisce il Parco Canaima e che per la prima volta dopo decenni concede a un team internazionale il permesso esclusivo di realizzare esplorazioni e ricerche speleologiche nell’area protetta. La spedizione riesce nell’obiettivo già al primo giorno, quando un gruppo di 4 speleologi scende nella grande dolina di crollo “Iroma Den” (Sima del Viento), e dopo alcuni tentativi riesce a spingersi oltre una frana intercettando un primo grande fiume sotterraneo. Da questo momento in poi la spedizione da inizio a una corsa esplorativa indimenticabile, con la grotta che letteralmente esplode nelle nostre mani, sviluppandosi lungo tre distinti corsi d’acqua sotterranei, in sale e gallerie di dimensioni impressionanti. Il Salone Paolino Cometti raggiunge 270 metri di lunghezza per circa 160 di larghezza, il collettore di nord-ovest si estende per una larghezza di quasi 300 metri! Basta ricordare alcuni nomi per far capire l’eccezionalità della grotta: Agoraphobia, il Labirinto dei Cristalli, l’Universo del Silenzio, la Galleria delle Mille Colonne, il Fiume dei Guachari, e così via...
In soli 10 giorni vengono rilevati 15 km dando una prima forma a quello che sembra candidarsi come il più vasto sistema sotterraneo nelle quarziti del mondo.
Ma il tempo concesso a questa spedizione volge al termine, cosicché alla fine di marzo 2013 gli speleologi di La Venta e del Teraphosa, si trovano per le mani una grotta, che oltre ad essere immensa, rappresenta un sito di altissimo interesse scientifico, caratterizzata da morfologie e speleotemi sconosciuti che necessiteranno uno studio accurato per essere compresi.

Nei mesi successivi la notizia della scoperta farà il giro del mondo rimbalzando da numerosi articoli su diversi giornali venezuelani, all’emittente BBC Mundo, guadagnandosi la copertina della rivista americana NSS News, suscitando meraviglia e scalpore in una gremitissima sala del congresso Internazionale di Speleologia di Brno in Repubblica Ceca. Di grotte così vaste nelle quarziti si conosceva solo il Sistema Muchimuk, nel massiccio del Chimantha, ma Imawarì Yeuta impressiona non solo per le dimensioni, ma soprattutto per l’incredibile varietà di morfologie e mineralizzazioni, le cui immagini, realizzate dal fotografo Vittorio Crobu, lasciano veramente a bocca aperta geologi e speleologi con decenni di attività speleologica e di ricerca scientifica sulle spalle. Già entro la fine del 2013 esce sulla prestigiosa rivista internazionale Journal of Hydrology un articolo che presenta i primi risultati delle analisi delle acque effettuate nel sistema, dimostrando anche l’alta qualità delle ricerche condotte in quei pochi giorni di spedizione.

Programmiamo quindi di tornare lassù nel 2014, questa volta anche con l’appoggio del Governo dello Stato Bolivar, per completare il lavoro e avviare uno studio scientifico più approfondito. La spedizione è molto complessa da organizzare anche per la situazione socio-politica del paese, con numerose rivolte per strada e la mancanza di generi alimentari. Alla fine però tutto viene definito e siamo pronti a partire con un gruppo più numeroso che si dedicherà per vari giorni ad attività di fotografia e rilievo. Le esplorazioni in Imawarì Yeuta proseguono, completando il quadro già ottenuto l’anno precedente e scoprendo due nuove grotte, Kaukau Yeuta (Cueva del Gato) e Chiwou Yeuta (Cueva Nieblina), parte dello stesso sistema ma attualmente separate dalla grotta principale da profonde spaccature (griete). Le nuove scoperte si concentrano tuttavia ancora in Imawarì Yeuta nella zona di Piaima Den (i labirinti), un settore fossile di grande estensione che da del filo da torcere al senso di orientamento dei rilevatori.
Alla fine il rilevato del sistema arriva a ben 20 km di sviluppo (18,6 Imawarì Yeuta; 0,7 Cueva del Gato; 0,6 Cueva Nieblina), portando la grotta ad essere ufficialmente la più lunga al mondo nelle quarziti e la più lunga grotta del Venezuela.
Inoltre, negli ultimi giorni, tramite un campo avanzato, viene scoperto l’accesso a una nuova grotta nel settore settentrionle, Oköimo Yeuta, la Cueva del Arco. In un’unica punta di 36 ore vengono rilevati 2,6 km di grandi gallerie che sbucano nella gigantesca dolina di crollo del Gran Derrumbe, rappresentando molto probabilmente il settore a monte del sistema Imawarì.

Ma al di là dei numeri, che contano poco in una grotta di tale bellezza, quello che ci è rimasto maggiormente impresso in questi due anni è stata l’emozione di entrare in un mondo nuovo, affrontando un’esplorazione speleologica che ci ha lasciato increduli ad ogni passo. E tutto questo l’abbiamo vissuto in fratellanza e grandissima collaborazione tra speleologi italiani e venezuelani.
Ma non è finita qui: il materiale documentativo raccolto (migliaia di scatti) sarà nei prossimi mesi oggetto di un libro monografico, mentre stiamo già pianificando i futuri obbiettivi del progetto.

Nelle prossime settimane pubblicheremo su questo blog alcune anticipazioni tematiche, riguardo gli speleotemi, le problematiche esplorative e tecniche, ma anche racconti e impressioni personali. Seguiteci!


Hanno partecipato al progetto: Virgilio Abreu, Girgio Annichini Raul Arias, Daniela Barbieri, Alicia Davila, Tullio Bernabei, Loredana Bessone, Alfredo Brunetti, Leonardo Colavita, Carla Corongiu, Vittorio Crobu. Riccardo De Luca, Antonio De Vivo, Jo De Waele, Luca Imperio, Fulvio Iorio, David Izquierdo, Alessio Romeo, Francesco Lo Mastro, Jesus Lira, Adriano Morabito, Maritza Morelli, Alba Moreno, Francesco Pandolfo, Leonardo Piccini, Francesco Sauro, Lenin Vargas, Freddy Vergara, Jesus Vergara, e i piloti dell'elicottero Julio Testaferro e Victor Lopez.

Si ringrazia Ortensia Berti e tutta la comunità di Kavak, e Karina Ratzevicius di Raul Helicopteros.

Il progetto è stato sponsorizzata da: Tiziano Conte con Fedra S.R.L., Luigi e Francesco Di Marzo con Geotec SPA, Raul Helicopteros, Renato Daretti con ATS, Dolomite, Intermatica, Ferrino, Amphibious, De Walt, Allemano Metrology, Chelab, Scurion, Polish Fundation-Cavesniper, GTLine, New Foods, Bialetti, MountainHouse.

Il progetto ha avuto l’appoggio istutuzionale di: Segretario Generale della Gobernaciòn dello Stato Bolivar Teodardo Porras Cardozo, Ambasciatore della Repubblica Bolivariana del Venezuela in Italia Julian Isaias Rodriguez Diaz, Direzione di INPARQUES Venezuela.

Il progetto è stato patrocinato da: Fondazione Dolomiti Unesco, Società Speleologica Italiana, Commissione Centrale per la Speleologia CAI, CONI Veneto, Istituto Italiano di Speleologia.