venerdì 12 ottobre 2012

Dallo spazio i problemi sembrano più piccoli

È il titolo del libro di Paolo Nespoli, l'astronauta italiano che più tempo ha trascorso nella stazione spaziale internazionale (IIS). Lo sto leggendo avidamente e mai avrei pensato di trovare tante idee in comune, tanti pensieri che avevo fatto anche io, ma esaminando altre avventure esplorative, dentro e sulla superficie della terra.
Alla domanda del perché l'uomo ha investito così tanto tempo e soldi per lanciare pochi suoi rappresentanti in orbita attorno alla terra, Paolo così risponde: "Ci andiamo perché non possiamo fare a meno di farlo: l'avventura, il viaggio, la scoperta, sono nella nostra natura. Esplorare fa parte del nostro essere e non possiamo farne a meno. È questo che ci stimola nel percorso di conoscenza della realtà che ci circonda.".
È proprio così, che sia nello spazio o nelle pieghe del nostro piccolo pianeta, la sete di esplorazione rimane parte della nostra natura, qualcosa che ci spinge ad andare avanti, a batterci per vedere sogni realizzati.
Prima di partecipare come istruttore al corso CAVES 2012, avevo cercato in internet alcune immagini per una lezione che metteva a confronto la progressione in grotta con le passeggiate spaziali (Extra Vehicular Activity), e avevo trovato una splendida foto di un astronauta attaccato alla stazione con riflesso sulla visiera un'altro astronauta che prendeva quella fotografia.
Mai avrei immaginato che pochi giorni dopo quei due uomini sarebbero stati miei allievi al corso, gli americani Mike Fincke e Drew Feustel. Niente succede per caso.
È stato bello chiaccherare con loro e scambiare idee ed esperienze, in grotta seduti su un masso, come con tanti altri compagni di avventure.
Se c'è una cosa che accomuna tutti gli uomini è la voglia di andare oltre, di meravigliarsi. La vita è fatta per questo, non si può rimanere immobili, non si può fermarsi per paura di  fronte al muro della quotidianità, è necessario andare oltre. E l'unico modo è farlo con il cuore, con la passione...








Con Mike e Drew all'uscita dall'extended exploration CAVES 2012





lunedì 24 settembre 2012

Pelmo 2012: ritorno nella terra dei Giauli

Ancora stanco e con il viso bruciato dal sole, riguardo le immagini di questi due giorni. Le impronte di dinosauro, le tende sospese sul filo della cresta, e mi sembra di sentire ancora il rumore del vento e il respiro sottile e fresco dei 3000 metri. La sensazione di vuoto, l'adrenalina che scorre nelle vene, mentre non vorresti guardare giù da quella parete sospesa su un mare di nuvole.
È proprio un altro mondo lassù, tutto quello che sta sotto è cancellato, coperto da una cappa grigia, mentre sulle creste il sole splendeva, e le isole del Pelmo e dell'Antelao erano le uniche a emergere ancora da quel mare del diluvio universale.
Se mi chiedessero se un luogo come quello esiste veramente, risponderei che è impossibile e che è presente solo nel mondo dei sogni, nella terra dei Giauli.
Lassù, Ebelis, la dinosaura figlia di Mauro Lampo, ora sarà illuminata dai raggi del sole, vegliando sulle impronte dei suo antichi fratelli, sopra le grotte dei Giauli, il Caregon e il mondo sotterraneo che nasconde.

Grazie a tutti i compagni di questa avventura!
Grazie anche agli sponsor Crema Sport, Dolomite, Ferrino e al Gruppo Speleologico Padovano, senza i quali questa nuova avventura non sarebbe stata possibile.


La seconda Grotta dei Giauli

Tono e la Giauloscala
Tuffo nelle nuvole, parete Est del Pelmo

La scogliera e il mare

Tono, Orione e Nonno Giusto ammirano l'alba (foto Roberta Tanduo)

La pista di impronte e Ebelis


Mauro con la sua creatura, Ebelis la Dinogiaula

domenica 16 settembre 2012

giovedì 6 settembre 2012

CAVES: pronti per il campo interno

Dopo una settimana di traning gli astronauti sono pronti per il campo interno di 6 giorni. David Saint Jaques (canadese), Mike Finke (americano della NASA di grande esperienza, più di un anno a bordo della stazione spaziale e tre missioni alle spalle), Drew Feiustel (membro dell'equipaggio nell'ultima missione dello space shuttle), Soichi Noguchi (giapponese), Nikolay Tikhonov (russo) e Andreas Mogensen (danese).

Seguite gli sviluppi sul twitter e sul canale youtube.

https://twitter.com/ESA_CAVES
http://www.youtube.com/user/ESA



venerdì 17 agosto 2012

Coming soon: CAVES 2012

Eccovi un breve video del dry run del corso CAVES di agosto.  Tra una settimana cominciamo i lavori di preparazione in Sardegna prima dell'arrivo degli astronauti.

Potete seguirci su twitter o su flikr:

@ESA_CAVES https://twitter.com/ESA_CAVES

http://www.flickr.com/photos/europeanastronauttraining/7796364930/in/photostream/

Trovate altre info, anche in inglese, su scintilena

http://www.scintilena.com/caves-2012-cave-as-space-analogue/08/10/






martedì 7 agosto 2012

The Dark



È stata presentata la scorsa domenica per la prima volta on-air la nuova serie della BBC "The Dark". Dopo Planet Earth, Living Planet e Human Planet la televisione inglese, famosa per i suoi spettacolari documentari, si è lanciata quest'anno nella sfida di documentare la vita al buio.
La Venta ha avuto la grande opportunità di condividere con la troupe diretta da Will Ridgeon l'esplorazione di una grotta dei Tepui venezuelani, insieme con il biologo George Mc Gavin.
Le immagini raccolte in una settimana di difficile lavoro (un campo interno di più giorni e quintali di attrezzature calate in una voragine di 110 metri di profondità) sono finalmente visibili nel documentario, che presto verrà distribuito e mandato on air da televisioni di tutto il mondo. Attendiamo con ansia la versione italiana, ma intanto potete trovare alcune immagini e interviste qui:

http://www.bbc.co.uk/nature/19102700

http://www.bbc.co.uk/programmes/p00wb4m0



domenica 29 luglio 2012

Luci nel buio, dalle profondità della terra allo spazio

Non avrei mai immaginato di trovare così tante analogie tra la speleologia e la grande avventura umana dell'esplorazione astronautica. In questi mesi mi trovo impegnato in un nuovo grande progetto promosso dall'Agenzia Spaziale Europea: il corso CAVES 2012.
Quali sono le analogie tra le future missioni verso nuovi mondi e l'esplorazione del continente buio, l'ultima grande frontiera esplorativa del nostro pianeta? Questa è la domanda che frulla da ormai un anno nella mia testa, e piano piano, venendo a contatto con la realtà "spaziale", comincio a darmi delle risposte.

Pensate a un viaggio verso l'ignoto, luci nel buio, che siano stelle e galassie nell'universo o luci di speleologi nel cuore di una montagna. Paura e emozione, timore e curiosità, percorsi che si schiudono ai nostri occhi. Da un lato ingegneri, tecnologie, investimenti e molto coraggio, dall'altro grandi amicizie, lavori di squadra, passione e fiducia illimitata nei propri compagni di esplorazione. Sono due realtà che avrebbero moltissimo da imparare l'una dall'altra. E questo progetto ha proprio questo scopo.

Dopo tre settimane passate a Colonia, presso l'European Astronaut Center, al corso per istruttori dell'ESA, ho deciso di prendermi una settimana di distacco e tornare ad esplorare in una grotta "di casa", i Piani Eterni.
Ed eccomi qui ora, reduce da un viaggio di 5 giorni nel cuore delle Dolomiti, un esperienza vissuta con compagni eccezionali, con cui sarei tranquillo e sereno anche se dovessimo andare sulla Luna ;)
E in effetti questa esplorazione ci ha messo nuovamente di fronte al fattore "distanza", che rimane uno degli aspetti per me più affascinanti delle esplorazioni speleologiche degli ultimi anni.
Nei Piani Eterni è ormai necessaria una progressione di 6-7 ore per arrivare al campo base della "Locanda dei Bucanieri", vari chilometri di percorso e oltre 600 metri di dislivello. Da lì ci siamo diretti verso le regioni più remote del sistema, le gallerie di Samarcanda, scoperte da Mauro e dal sottoscritto ormai due anni fa oltre un infinito laminatoio lungo mezzo chilometro sferzato da una corrente d'aria potente e invitante.
Per esplorare questo settore ci siamo fatti una punta di 18 ore dal campo base, ormai a oltre 10 km di distanza dall'ingresso della grotta. La quantità di passaggi, strettoie, pozzi e gallerie che ci dividevano dalla superficie non ci stavano più nella mia testa, mentre sbucavamo sul grande torrente che attraversa queste regioni. I nostri sguardi si incrociavano mentre discutevamo di quanto eravamo ormai lontani e perduti dentro la montagna... e mi è sembrato di leggervi un po' di sana pazzia... come se l'elastico che ci tiene legati alla nostra realtà quotidiana si fosse improvvisamente rotto e fossimo liberi di muoverci in quello spazio di gallerie e ambiente sconosciuti.
Siamo stati davvero lontano, credo una delle esplorazioni più remote realizzate in una grotta in italia. Mentre arrampicavo una cascata pensavo cosa succederebbe se avvenisse un incidente così lontano, e mi convincevo che non si può sbagliare che non ci sarebbe davvero via di scampo... troppo lontani...

Così ora mi immagino forse con più coscienza cosa può significare per un uomo mettersi in viaggio verso un altro pianeta, dove non ci sono strettoie e pozzi a dividerlo dalla realtà, ma il vuoto dell'universo e distanze inimmaginabili, la consapevolezza di non poter fare errori, l'emozione di  muoversi verso nuovi mondi, ma anche l'incertezza se si riuscirà o no a tornare indietro.

Mentre questi pensieri mi assillavano mi è capitato sotto mano un video realizzato a bordo dell'Intenational Space Station, un capolavoro di aurore e stelle, e la terra che viaggia a migliaia di chilometri all'ora. Mi sono emozionato pensando che anche tanti speleologi in fondo intraprendono un viaggio simile quando si trovano in esplorazione, come luci nel buio, lontane e sperdute in un universo sconosciuto.



mercoledì 11 luglio 2012

lunedì 18 giugno 2012

Lusk Cave Trip

E finalmente, dopo tre mesi in queste terre, sono riuscito a visitare una grotta "canadese".
Il Canada è un paese decisamente "grandino" e le zone dove si aprono le grotte più famose nelle Rocky Mountains, come la Castelguard Cave, sono situate rispetto ad Ottawa alla stessa distanza di Città del Messico... Impensabile andarci a fare un giro in un solo finesettimana.
Ciononostante, nel mezzo delle sue lande granitiche dello "scudo canadese" (rocce antiche miliardi di anni), l'Ontario ha delle piccolissime aree carsiche, soprattutto legate a qualche zona di calcari e a filoni di marmi.
Ovviamente data la scarsità di grotte anche gli speleologi non sono molti. A Ottawa ci dovrebbe essere un gruppo speleo, ma in questi mesi non sono mai state organizzate riunioni e credo di aver capito che i numeri si aggirino intorno alle 4-5 persone e forse meno uscite all'anno...
Le grotte più lunghe qui intorno si trovano in Quebec, a "sole" 4-5 ore di macchina, sistemi orizzontali che comunque non superano il chilometro di sviluppo. Solo gli speleosub possono trovare qualcosa di interessante, come i sistemi di gallerie sommerse solo parzialmente esplorate che si diramano nei calcari ai lati dell'Ottawa River.
Andare in grotta qui è, di conseguenza, davvero difficile. Per molto tempo mi sono dovuto accontentare di leggere qualche libro sulle grotte delle lontane montagne rocciose, o di sentire i racconti del Prof. Derek Ford che a quelle terre selvagge ha dedicato anni a anni di esplorazioni.
Tuttavia a pochi chilometri dalla città di Ottawa esiste una zona di boschi e colline di granito, il Parco de La Gatineau, famoso per una piccola grottina, la Lusk Cave. Era nella mia mente da quando sono arrivato qui, ma non volevo andarci da solo. Così ho organizzato una gita coinvolgendo la comunità di couchsurfer locali (un club di ospitalità dove si propongono anche escursioni, avventure e molte altre attività). Peccato che ci siano poche grotte, perché l'interesse che i canadesi hanno mostrato per quest'idea è stato del tutto inaspettato. All'inizio sembrava che venti persone volessero partecipare. Poi la calca è diminuita, stroncata forse da un sabato sera troppo festaiolo, e alla fine ci siamo trovati in un gruppetto perfetto di sei persone.
L'area dove si apre la grotta è molto bella, lungo il Lake Phillippe, un bel lago selvaggio che si può attraversare anche in canoa. La Lusk Cave è lunga solo 150 metri, ma devo dire che è davvero un piccolo gioiello: i colori del marmo bianco e rosa, le morfologie di erosione, il canyon iniziale e il vivace torrente che l'attraversa da parte a parte la rendono davvero piacevole. Una grotta perfetta per portarci amici e persone che vogliono provare ad assaggiare un po' di speleologia. E oltretutto una traversata con divertente bagno finale nelle gelide acque canadesi, e come sapete io sono un appassionato di traversate...
Ovviamente me la son fatta due volte, perché una era troppo poco (la grotta si percorre in non più di mezz'ora, e con calma)

Tra pochi giorni sarò di nuovo in viaggio, di ritorno in Italia. Questa permanenza in Canada è stata certamente impegnativa per molti aspetti (tra cui le ricerche scientifiche di cui scriverò a breve su questo blog), ma ho potuto anche rilassarmi nella natura indescrivibile di questa terra, con i suo fiumi, laghi e boschi sconfinati.
Sono contento di ripartire, ma sento che prima o poi tornerò quassù, e forse anche più a est,  tra le montagne rocciose.
Sono tante le distanze rimaste da colmare con nuovi sogni.

Lake Phillippe, lungo il sentiero per la Lusk Cave.


L'ingresso a monte di Lusk Cave.

Kate e i marmi bianchi nella prima parte della grotta.

Il crollo dell'ingresso intermedio.

La piccola cascata nella seconda parte della Lusk Cave.

Freddo? Verso l'uscita inferiore. 

Lake Huron

La fantasia delle rocce nell'Awenda Provincial Park.

Lungo il Lake Huron, Awenda Provincial Park

La bellezza degli alberi, Couchiching Lake

Sulla barca a vela con Derek Ford. 






venerdì 25 maggio 2012

Canada


Un po' di foto dalle terre canadesi, in attesa del ritorno a casa.


Fuochi d'artificio dl Daws  Lake

Montreal, la cattedrale di Notre Dame

I veri padroni del Canada

Quebec City

Quebec City

Paesaggi dal treno

Ottawa, The Parliament

Tulip Festival

Tulip Festval

Pink Lake, nel Parco de La Gatineu

Ottawa, la capitale

giovedì 5 aprile 2012

Peaceful Plain

Ormai ho imparato che le cose che accadono non sono mai per caso. Un paio di anni fa mi ritrovavo sotto mano un album di un poco conosciuto pianista del Montana, Philip Aaberg. Premetto che raramente ho ascoltato musica da pianoforte, la trovo spesso noiosa e un po’ troppo impostata. Il pianoforte affascina subito per il suo suono caldo e avvolgente, spesso però mi è sembrato meno versatile di altri strumenti e mi bastava poco per ritrovarmi annoiato.

Non fu così quella volta.

Aaberg è un pianista che ha vissuto molte fasi, dalla musica classica al chamber jazz, al blues, frequentando le più famose ensamble della California degli anni ’70, suonando anche per Peter Gabriel e Thom Johnston. Poi è tornato a vivere in una casetta in mezzo alle sconfinate pianure al confine tra Stati Uniti e Canada, ai piedi delle montagne rocciose, nel cuore del continente americano, nella sua città natale di Chester. Qui ha fondato una casa discografica tutta sua, la Sweetgrass Music e ha continuato con il suo progetto di comporre musica che esprima il fascino delle terre dell’ovest.

Non so che cosa mi abbia affascinato subito di quelle melodie, forse la dinamicità, la capacità di far suscitare emozioni con un salire e scendere di suoni, una musica che mi ricordava le onde del mare o, forse meglio, un paesaggio a colline, movimentato e dolce allo stesso tempo.

Adesso che mi trovo in Canada ad attraversare queste terre sconfinate, queste “High Plains”, comincio a capire come questo musicista sia riuscito a fondere la sua ispirazione con il paesaggio in un connubio che non lascia spazio a fraintendimenti. Tra campagne sterminate, le grandi fattorie con i campi ancora zebrati dalle ultime nevi dell’inverno, foreste e immensi fiumi che scendono da chissà quanto nord, ascoltare la sua musica e guardare fuori dal finestrino del treno queste terre mi sta facendo assaporare molto più profondamente questo lungo viaggio.

E mi sembra ovvio pensare che quel disco non fosse arrivato alle mie orecchie per caso. Non posso fare altro ora che consigliarvi alcuni dischi, primo fra tutti, mio preferito, “Live from Montana”, tra l’altro nominato anche per un Grammy. Un insieme di composizioni eseguite durante un concerto dall’impatto decisamente notevole. Il pezzo Marias River Breakdown ad esempio riesce a evocare in modo spettacolare la piena di un fiume, che spezza tutte le barriere e si riversa nelle grandi pianure, come altri pezzi evocano i paesaggi e le lande sterminate del Montana (High Plains, Montana Half-light…).

Molto bello anche il disco “Cinema” che ripropone molte musiche da film, ma anche l’album Out of Frame, dove al pianoforte di Aaberg si affiancano altri musicisti. Ovviamente io adoro i pezzi dove chitarra e pianoforti si alternano, come Before Barbed Wire.

L’ultimo disco prodotto dal compositore, Tuli Wamu, che ho avuto il piacere di ascoltare per la prima volta oggi, è un’opera davvero notevole composta in duo con il musicista africano multistrumentista Kinobe. Davvero notevole, con pezzi fluenti ma insieme con una ritmica travolgente, come l’impronunciabile Jang Owulir Enyanja, o Peaceful Plain, che mi ricorda molto le chitarre e i banjo di Eddie Vedder nella colonna di Into the Wild, ma con l’accompagnamento di un pianoforte spettacolare.

Ed è con questa musica che vi lascio.

Ho scoperto anche che Aaberg vive in una casetta che è anche Bed & breackfast, chissà che nelle mie peregrinazioni quassù…




martedì 14 febbraio 2012

Un mese e mezzo nel mondo perduto

La missione Tepui 2012 sta ormai volgendo al termine, oltre un mese e mezzo di ricerche, esplorazioni e documentazione nei tepui venezuelani. Quest'anno i programmi sono stati limitati dalle condizioni atmosferiche avverse e da alcuni problemi logistici che ci hanno costretto a cambiare gli obbiettivi originali. Ciononostante il bilancio finale appare decisamente positivo.
Le ricerche geologiche hanno spaziato dal Roraima, all'Akopan, fino all'Auyan Tepui, comprendendo uno studio dell'evoluzione geomorfologica dell'intera Gran Sabana. Sono stati effettuati studi sulla silice disciolta nelle acque, sui processi di arenizzazione, sugli speleotemi e sulle mineralizzazioni all'interno delle grotte.
Una nuova grande risorgenza è stata raggiunta su una delle più impressionanti pareti del Roraima. L'esplorazione di questo nuovo sistema è stato ostacolato da una pericolosa piena, ma la distanza tra l'inghiottitoio e la parete fa presupporre interessanti sviluppi per il prossimo anno. Sono state completate le esplorazioni del Sistema Akopan-Dal Cin con il rilievo di un nuovo ramo, mentre sull'Auyan Tepui sono state raggiunte alcune nuove cavità, una di queste promette grossi sviluppi per il futuro. Solo in questo tepui, grazie ai sorvoli del nostro amico e socio Raul Arias, abbiamo individuato almeno una decina di ingressi che saranno il principale obbiettivo della prossima spedizione. Ancora una volta questa enorme montagna dimostra di non aver esaurito le possibilità esplorative: dopo le spedizioni degli anni '90, la scoperta della Cueva Guacamaya e della Cueva dell'Aguila, nuove zone stanno dimostrando di avere complessi sistemi sotterranei che sicuramente daranno ancora grosse soddisfazioni e nuove informazioni scientifiche.
Contemporaneamente alle ricerche e alle esplorazioni è stato svolto un notevole lavoro di documentazione con migliaia di foto sia all'esterno che in grotta, ma soprattutto con un lavoro di appoggio a una troupe della BBC che si è dedicata alla realizzazione di un documentario sull'Akopan, con spettacolari riprese aeree della zona e degli ingressi in parete. Tale documentario è destinato a essere mandato in onda in Europa, Stati Uniti e Giappone, mostrando le meraviglie del fiume sotterraneo che attraversa questa montagna, un corso d'acqua sospeso nel tempo, con una diversità geologica e biologica davvero unica.
Come in passato torniamo a casa con la sensazione di aver fatto un viaggio nel tempo in queste isole magiche che hanno il sapore di altri mondi. Ancora una volta la speleologia in rocce quarzitiche si dimostra come una delle più affascinanti frontiere esplorative di questi tempi.

Hanno partecipato: Carla Corongiu,Vittorio Crobu, Antonio De Vivo, Marco Mecchia, Leonardo Piccini, Enzo Procopio, Laura Sanna, Francesco Sauro, Giacomo Strapazzon, Roberto Trevi, Freddy Vergara.

La Risorgenza Ventana, sulle pareti del Roraima (foto Laura Sanna).

Il campo al bordo della Sima Eja Podeusu (foto Vittorio Crobu).

La telecamera Taylor montata sull'elicottero per le riprese aeree (foto Vittorio Crobu).

Entrando verso le gallerie del sistema Akopan (foto Vittorio Crobu).

La parete dell'Akopan con la cascata della Risorgenza Dal Cin (foto Vittorio Crobu).

Entrando nel sistema sotterraneo, il vento esce dalle fratture e condensa nella foresta (foto Vittorio Crobu).

Il grande salone all'ingresso della Risorgenza Dal Cin (foto Vittorio Crobu).

L'entomologo inglese George McGavin osserva un esemplare di tarantola (foto Vittorio Crobu).

Il gruppo Tepui 2012 (foto Vittorio Crobu).

domenica 29 gennaio 2012

Tepui, frammenti di altri mondi


Sembra incredibile sia passato solo un mese dal nostro arrivo in Venezuela. Eppure in questi 30 giorni sono successe una quantità di cose che fatico a ricordarle tutte in una sequenza sensata. Belle emozioni, luoghi meravigliosi, persone, amici, ma anche tante difficoltà non previste, tragedie e decisioni difficili.
Non sto qui a raccontare, è ancora tutto molto fresco, ci vorranno ancora delle settimane per metabolizzare. Certo è che si sta delineando una storia complessa e inaspettata. Molto da narrare quando tutto ciò sarà passato.
Mi aspettano ancora 20 giorni in queste terre, al cospetto dei giganteschi Tepui. Studiando ed esplorando le loro grotte, dal Roraima, all'Akopan e speriamo infine all'Auyan Tepui.
Proprio oggi, insieme ad un amico venezuelano abbiamo esplorato una bella grotta nella Gran Sabana, in una formazione rocciosa ancora più antica di quella che costituisce le grandi montagne circostanti.
Tante domande e una vastità sconosciuta intorno. Viaggi nel tempo, coi piedi per terra.
Dove sarà il confine del mondo?

Cesco

Santa Elena de Uayren, 29 gennaio 2012