venerdì 4 novembre 2011

lunedì 17 ottobre 2011

Presentazione del nuovo libro sulla Spluga della Preta e sull'Operazione Corno d'Aquilio


30 ottobre 2010, ore 18

Negrar di Valpolicella (Vr)

Presentazione dei curatori

Vent’anni dopo l’Operazione Corno d’Aquilio, quale significato può avere dare luce un’avventura che si era persa nel buio del passato? È una domanda che ci siamo posti molte volte nella lunga lavorazione di questo volume. Negli ultimi tre anni ci siamo immersi in un archivio immenso di dati e informazioni e ci siamo lentamente resi conto di quale mole di lavoro di ricerca e di protezione ambientale era stata accumulata in quegli anni. Con la guida di Giuseppe Troncon, anima dell’OCA, ci siamo lanciati quindi in questa nuova esplorazione, ricontattando persone, ricostruendo storie e informazioni. Molti di coloro che avevano partecipato a quella vicenda, speleologi giovani e appassionati al tempo, sono ora ricercatori universitari e hanno aggiunto ai contenuti una nuova visione data dall’esperienza.

Ma non abbiamo solo voluto raccontare il passato, le esplorazioni nella Preta sono continuate negli anni, l’avventura si è rinnovata con la realizzazione del film l’Abisso nel 2005, e nuovi progetti sono in cantiere tutt’ora.

Questo volume raccoglie tutto questo: passato, presente e molti spunti per il futuro di questa grotta mitica, l’Abisso italiano che più a solleticato i sogni di generazioni di speleologi. Un sunto delle conoscenze sulla Spluga della Preta di cui si sentiva la mancanza, considerando che ormai sono passati 86 anni dalla prima esplorazione del SUCAI nel lontano 1925.

Abbiamo volutamente escluso la storia dell’epopea esplorativa della grotta, già narrata nel recente libro l”Abisso” di Francesco Sauro, concentrando l’attenzione sugli aspetti scientifici e descrittivi. Infatti, leggendo i contributi di questo volume, ci si rende conto che la Preta non è stata solo il campo di gioco della speleologia esplorativa internazionale, ma anche un laboratorio per la crescita delle ricerche sulla speleogenesi, sull’idrologia carsica, sulla biospeleologia, un set dove sono state sperimentate le tecniche di fotografia e filmografia ipogea. Qui è nata la prima grande operazione di bonifica sotterranea realizzata in Europa. La quantità di idee innovative, di ragionamenti e sperimentazioni, che hanno preso forma in questo abisso è sbalorditiva. Lo si può comprendere leggendo che già nel 1927 erano state fatte le prime prove di tracciamento idrologico, che addirittura nel 1962 era stata installata una primordiale stazione di monitoraggio della temperatura. I geologi hanno osservato questa stupefacente struttura sotterranea inventando la teoria dell’erosione inversa, comprendendo l’importanza dei controlli strutturali e litologici, ipotizzando le falde sospese, immaginando l’evoluzione del paesaggio di queste montagne.

Ancora una volta quindi la Spluga della Preta si dimostra una vera fucina di conoscenze che escono poi dal buio dei Monti Lessini per approdare ad altri lidi, alimentando la crescita della speleologia.

Questo volume narra proprio questa storia, accompagnando il lettore con una ricca scelta di immagini, accuratamente selezionate tra gli oltre tremila scatti dell’archivio dell’OCA. Così pure i rilievi sono stati rivisti e aggiornati.

L’augurio è che tutto questo materiale possa spingere nuove persone a cimentarsi con la Spluga della Preta, sia dal punto di vista esplorativo, sia da quello scientifico. Perché, in una grotta speciale come questa, ci sarà sempre qualcosa di nuovo da scoprire e da conoscere.

Giuseppe Troncon, Francesco Sauro, Giorgio Annichini

lunedì 11 luglio 2011

Su Palu, Phreatic Land

Eccovi una selezione delle foto fatte a Su Palu la scorsa settimana. Siamo stati in grotta due giorni, visitando una buona parte dell'incredibile reticolo paleo-freatico che si dirama al di sopra della gigantesca galleria di Lilliput. Uno dei più bei giri che si possano fare in grotta in Italia, senza alcun dubbio.
Per i set fotografici abbiamo usato i faretti Mastrel e un flash, la macchina è una Nikon D7000. Avevo con me la sola ottica 12-24/1.4 che è stata ottima per fotografare i grandi ambienti ma non mi ha permesso di cogliere alcuni bellissimi particolari macro. Bisognerà tornare ancora!!
Che peccato!!

La squadra fotgrafica (io, Riele Mereu, Lucio Mereu, Jo De Waele, Stefano Marighetti)

La marmitta con Acqua nelle gallerie "Con voi non ci veniamo"

Mari del Sud innevati

Freatico di 2 milioni di anni a "Con voi non ci veniamo"

Il Salone del Traverso, sospeso al di sopra del Facocero Titubante

Freaticini

Giocando a calcetto nella spiaggia di El Alamein

Galleria della Neve

Ghiaccioli di calite

Marmitta con Acqua

Le gallerie ferroviarie di Cuk Cuk

La linea: sopra e sotto il sifone dei Mari del Sud

lunedì 30 maggio 2011

Bluette

A casa dopo tre giorni nel fiabesco e lontanissimo regno di Cimia. Siamo tornati a esplorare in Grotta Isabella, ma soprattutto siamo tornati al Bluette, abisso scoperto durante il campo estivo dell'anno scorso.
Non mi ricordavo male, nonostante allora l'emozione fosse tanta, così come la fretta di uscire prima che si scatenasse il temporale... è una grotta davvero bella, un piccolo gioiello di cristalli di ghiaccio e condotte da sogno. Speriamo un giorno ci sveli il suo segreto.
Un po' di foto per solleticarvi...







domenica 13 marzo 2011

Le radici del mare

La canoa avanza sull’acqua liscia della God’s Higway. Siamo stanchi, immersi in uno strano silenzio misto a riverenza. Ancora poche centinaia di metri e questo fiume, l’Underground River, ci lascerà scivolare verso il mare. Superata una curva, al fruscio delle pagaie sull’acqua, si aggiunge un lamento lontano, un rumore che si fa sempre più forte e avvolgente. Si riconosce la voce del mare, l’infrangersi delle onde, il suo urlare inconfondibile. Smettiamo di pagaiare, la canoa viene trasportata dalla corrente, un insieme di fiume e marea uscente. Poi finalmente all’improvviso la volta della galleria lascia spazio alle fronde degli alberi e a un cielo stellato mozzafiato.

La prua della barca si arena nella sabbia e approda nel piccolo porticciolo a poche decine di metri dalla foce. Scendiamo e, dopo ancora un attimo di esitazione, ci buttiamo in mare, scontrandoci con la schiuma delle onde, come quell’acqua che fin qui abbiamo voluto seguire, nel suo percorso sotterraneo attraverso l’imponente monte Saint Paul.

Ho sempre pensato che il percorso sotterraneo perfetto sia riuscire a seguire l’acqua nel suo ricongiungersi dal cielo alla terra e quindi all’oceano. Un qualcosa di magico che a Palawan è possibile assaporare in un modo che non avrei mai immaginato. Pochi giorni fa decidevamo di percorrere la traversata del sistema, da dove il fiume di Kabayugan diventa l’UNDERGROUND, fino al punto in cui esso ritorna alla luce e diventa semplicemente “Mare Cinese Meridionale”.

L’obbiettivo era quello di campionare le acque lungo tutto il percorso, per poi analizzarle e studiarle presso il laboratorio della Chelab. L’acqua infatti ci può dire molte cose su questo mondo sotterraneo. È infatti l’abbraccio tra le acque dolci che scendono dalla montagna e l’acqua marina spinta all’interno per chilometri dalle maree, che rendono questa grotta eccezionale, un luogo dove i confini si confondono amplificando ogni aspetto, da quello speleogenetico a quello biologico.

La traversata è un viaggio spettacolare attraverso gallerie ciclopiche, eleganti anse fluviali larghe decine di metri, spiagge sabbiose immense, castelli di concrezione imponenti. Si nuota lungo il fiume per centinaia di metri, increduli, attraversando ambienti difficili da descrivere. Una traversata oltretutto facile, dove è sufficiente seguire il fiume per trovare la strada, senza ostacoli particolari.

Dopo quattro chilometri dal gigantesco ingresso a monte del Daylight, si arriva al sifone del Rockpile. Qui si può decidere di abbandonare l’acqua per inoltrarsi nei saloni fossili superiori, attraversando, immersi nel buio, l’Italian’s Chamber, una delle sale più grandi del mondo, con i suoi trecento metri di lunghezza per cento di larghezza. Da qui si giunge alle immense Gallerie Balingsasayao, la Città delle Rondini, dove migliaia di Salangane rientrano al proprio nido nella notte, emettendo il loro verso caratteristico di ecolocazione.

E infine di nuovo ecco il fiume con i suoi 5 km di gallerie allagate, fino all’outflow, una pagaiata tranquilla attraverso ambienti unici. Dopo aver lasciato sulla sinistra l’affluente dell’Australian Inlet, si giunge ben presto alla zona dove si dipartono le Gypsum e le Mud Galleries, per poi trovarsi al di sotto dell’immenso salone della Chrocodile Chamber e poco dopo vedersi passare oltre la spiaggia di approdo alla galleria che porta alla Navigator’s Chamber, immensa sala da agorafobia. Infine, la God’s Higway, nome appropriato per una delle gallerie di grotta più belle del mondo, porta al salone della Cattedrale, dove un immenso “Guardiano” (una stalagmite di 15 metri d’altezza) avverte che ormai l’outflow è vicino. Ma poco prima di uscire ci si lascia ancora sulla destra le alte spaccature allagate che portano al Gaia Branch, luoghi che hanno ancora molte sorprese in serbo.

Passandoci, quel giorno della traversata, pensavo alle gallerie scoperte nei giorni precedenti in quel settore dagli altri compagni e che sarebbe stato bello andarci, dato che i prossimi due giorni rimanevano gli ultimi per molti componenti della spedizione.

Mercoledì 9 marzo GAIA BRANCH

Gianpaolo mi guarda incredulo dall’orlo di questa china di detrito che si affaccia su un nero insondabile, un salone gigantesco che ci lascia ancora più sgomenti. Jo finisce di scrivere sul quaderno di campagna l’ultimo tiro del rilievo. Oltre, l’ignoto. Dietro di noi 3,5 km di gallerie nuove, di cui 2 km esplorati solo nelle ultime ore, in questa ultima nostra punta che ha tanto l’aspetto di un regalo fattoci da una grotta benevola. Una signora che ci dice: “non avete ancora capito nulla… Io sono molto più di un fiume: sono torrenti, fiumi, mari, tutti succedutisi in un tempo che non potrete mai afferrare compiutamente. La mia complessità è oltre la vostra portata, ma in fondo sono buona, vi lascio sbirciare…”

Ci giriamo, pensiamo al ritorno, alle immense gallerie che abbiamo illuminato per la prima volta, alle foreste di eccentriche, le praterie di cristalli, che ci hanno riempito gli occhi con il loro scintillare. Un fiume antico… chissà quanto doveva essere impetuoso, e chissà dove sarà ora, perduto in altre gallerie, o forse semplicemente affondato nel mare.

Tutti questi mondi. Radici del Cielo come qualcuno aveva detto.

Ma anche Radici del Mare.

Francesco Sauro

(scritto durante il volo Doha-Roma il 12 marzo, al ritorno del primo gruppo della spedizione)

Altre foto e storie su www.laventa.it/blog



Il gruppo della traversata all'ingresso del Daylight.

La prateria di eccentriche nelle nuove gallerie del Gaia Branch.

Cielo, mare, terra.

lunedì 28 febbraio 2011

Verso oriente

Partenza. Dopo anni di viaggi verso ovest, eccomi a dirigere la mente verso est. Non più Sud America ma Asia. Un viaggio veloce, come una boccata di aria diversa prima di ritornare nei prossimi mesi a veleggiare verso i lidi latini dell’amato Messico e del turbolento Venezuela.

È ormai da parecchi mesi che non aggiorno questo blog. Non perché non ci fosse nulla da raccontare (solo il viaggio in Messico di novembre avrebbe meritato pagine e pagine), ma perché era difficile trovare il tempo, e l’ispirazione, dato che ero concentrato appieno su altri interminabili scritti che spero vedranno la luce entro la fine dell’anno. Ora ci aspettano però nuovi luoghi e quindi non posso lasciare questo mia scrivania dei pensieri senza neanche un foglio scarabocchiato in un veloce viaggio in treno.

Questi luoghi nuovi si trovano su un’isola dell’Oceano Pacifico, una lunga catena montuosa che emerge dal mare e che si chiama Palawan, nelle Filippine, meta di ormai numerose spedizioni del team La Venta e di svariati speleologi italiani negli anni ’80. Qui esiste una grotta eccezionale, il Saint Paul Underground River, un traforo idrogeologico che porta dalla giungla direttamente al mare, lasciando dietro di sé chilometri di gallerie, molte delle quali ancora inesplorate.

La spedizione La Venta 2011 è già iniziata una decina di giorni fa, mentre io insieme ai Prof. Jo De Waele e Paolo Forti, e altri tre amici raggiungeremo il resto del gruppo per una settimana con l’obbiettivo di portare a casa, non solo rilievi, ma anche qualche idea più precisa di come si è formato questo estuario sotterraneo.

Sicuramente un giorno lo dedicheremo a seguire interamente il percorso del fiume, un viaggio sotterrano di chilometri, entrando dal Daylight, l’ingresso superiore fino all’Outflow, il grande ingresso da cui il fiume si getta direttamente nel mare attraversando una spiaggia di sabbia bianchissima.

Abbiamo una miriade di strumenti di misurazione (una valigia di 10 kg), più un sacco di materiale per campionare. Sembra impossibile fare tutto quello che abbiamo in mente in soli sette giorni. Io spero anche di poter dedicare uno o due giorni a qualche “banale” esplorazione, perché ogni posto si gode maggiormente attraverso gli occhi della scoperta.

È da quasi 18 anni che i miei viaggi non se ne vanno verso oriente, da quando, bambino avevo volato per l’Australia. Per questo non sono interessato solo all’Underground (le grotte in fondo sono sempre della stessa materia, è il contesto che le rende così varie e diverse tra loro) ma più in generale a quello che può rappresentare del mondo orientale una piccola isola delle Filippine e i suoi abitanti. Sarà un assaggio per vedere qualcosa di diverso e programmare viaggi futuri.

Seguiteci anche sul blog La Venta, http://www.laventa.it/blog/

Francesco



L'Outflow, dalla spiaggia al mare buio.