giovedì 25 febbraio 2010

Caracas - Puerto Ordaz

Eccoci dopo due giorni passati a Caracas e un lungo viaggio (700 km), che ci ha portato ora a Puerto Ordaz, pronti ormai a scendere verso la Gran Sabana e i Tepui.
Che dire dei giorni passati nell'allucinante capitale del Venezuela? E`una citta caotica e pazzesca, arroccata tra montagne altissime e dove il traffico non e` davvero immaginabile. Persino i paralitici in carrozzella sfrecciano piu veloci delle auto superandole lungo le infinite colonne di ingorghi apocalittici. Davvero andare a piedi e il mezzo di gran lunga piu veloce.
Eravamo al 26º piano della Torre sur, uno dei palazzi del governo e oltre a una grande vetrata ci si presentava una visione impressionante,un miscuglio informe di grattaceli, baraccopoli, montagne, foreste tropicali, torme di gente... E poi attorno a un tavolo col viceministro dell'ambiente e vari altri funzionari, a discutere di grotte e dei nostri progetti di ricerca e documentaione sui Tepui. Una runione che e' andata molto bene, ma ci ha anche riempito di responsabilita'. Non mi era mai capitato di trovarmi a cosi "alti" livelli, e non mi aspettavo di dover affrrontare discussioni cosi importanti. Grazie al cielo l'agitazione ha reso il mio spagnolo molto migliore di quello che e normalmente e siamo usciti da quella sala dopo due ore con molte buone prospettive per il futuro.

Questa mattina poi siamo partiti verso Puerto Ordaz, un viaggio lungo sul gigantesco fuoristrada di Freddy, che con grandissima destrezza ci sta guidando attraverso questo paese cosi diverso dal nostro.Domani scenderemo a Santa Elena, altri 700 km, in piena Gran Sabana e da li`programmeremo le nostre prossime mete, sperando tra qualche giorno di poter essere sperduti su qualche tepui.

martedì 23 febbraio 2010

Martedi 23 febbraio, da qualche parte sopra i Caraibi...

È da questa mattina alle 3,30 che siamo in viaggio. Ci troviamo ora a sorvolare il golfo del Messico. Questi voli sono come sempre una noia mortale. Per fortuna a farci compagnia abbiamo un esilarante libro di Alfonso Vinci, lettere tropicali, recuperato giusto il giorno prima della partenza. Questo grandissimo esploratore italiano, ingiustamente dimenticato, ci narra con una penna allucinata delle sue improbabili avventure nei fiumi amazzonici, tra indi, missionari improbabili, compagni di avventura raccattati nei luoghi più assurdi, animali e foreste che non si possono immaginare. Il tutto trattato in un modo scanzonato che ci sembra così affine al nostro viaggio che stiamo per intraprendere.
A dire il vero mi piace l'idea di trovarmi un po' sulle tracce di quest'uomo, cinquant'anni dopo, anche per vedere se tutto è cambiato da allora o se si può ancora assaporare quel senso di avventura, di lontananza e di mondi perduti e selvaggi.
Non so che cosa troveremo, ma già l'idea di stare cercando di giungere in un luogo, di vedere ciò che solamente si è immaginato, racchiude il senso di tutto questo. Vinci dice che la natura originale dell'uomo, l'unica cosa che accomuna tutti i popoli, dai selvaggi ai razionali del mondo moderno non è altro che un eterno cercare.

lunedì 22 febbraio 2010

Venezuela

"L'utilità del viaggio è che regola l'immaginazione sulla realtà, e così, invece di pensare come possono essere, vediamo le cose come sono". --Samuel Johnson.

Rubo questa frase per dare il via a questo viaggio attraverso il Venezuela e i suoi Tepui. Un sogno nato in questa stanza dove sto scrivendo ora, viaggiando su google earth nelle notti padovane, guardando con nostalgia le foto delle bellissime grotte nelle quarziti, assaporando il loro mistero, il loro legame a un mondo perduto di centinaia di milioni di anni fa...
Siamo in tre, io, Carla e Vittorio. La nostra è una piccola squadra che ha l’obiettivo di tenere caldo anche quest’anno il progetto Tepui, uno dei più affascinanti e problematici (forse per questo ci piace) sogni esplorativi dell’associazione La Venta. Staremo laggiù quasi due mesi, perché vogliamo avere il tempo di conoscere a fondo queste terre, per pianificare progetti futuri. Inizieremo con alcuni importanti incontri politici a Caracas col ministero dell’ambiente per avviare il progetto 3D nelle quarziti insieme al team internazionale La Salle, e per portare avanti altri importanti progetti di documentazione e ricerca in queste zone fantastiche. Cercherò di tenervi informati sui nostri spostamenti, che non sono ancora ben definiti e dipenderanno molto dalle opportunità che ci si presenteranno dinnanzi.

Quindi non una spedizione vera e propria ma una sorta di vasta prospezione, un "viaggio", proprio nel senso dlle frase di Johnson, che ci faccia capire dove e come concentrare gli sforzi in futuro, e quali sogni coltivare ancora. Quindi nessuna anticipazione su dove andremo e cosa faremo, vi aggiorneremo direttamente da laggiù, grazie ancora una volta a INTERMATICA, che con un apparecchio satellitare ci permette di comunicare direttamente con l’Italia anche dai posti più sperduti della foresta amazzonica. Oltre che su questo blog troverete nostre notizie anche quello di La Venta.
http://www.laventa.it/blog/

Voglio ricordare anche che questo ritorno in Venezuela è reso possibile grazie al contributo di A.T.S. (Advanced Training Solution), Amphibius Dry Equipment, S.A.P.I. sr.l., Erborisetria Sauro e il negozio Crema Sport di Padova (grazie Miky!), oltre agli “storici” sponsor La Venta, come Ferrino e Napapjri.
Anche Gaibana come sempre mi accompagna con le sue calzature in giro per il mondo.

I Tepui sono un mondo magico. L’anno scorso, prima di partire, Tullio, che aveva dovuto rinunciare all’ultimo momento, mi diceva «Sono posti che bisogna vedere almeno una volta nella vita!». Aveva davvero ragione. E a noi una volta non è davvero bastata.

A presto amici, dal Venezuela

Cesco

sabato 20 febbraio 2010

Obiettivo -500

Bè... proprio prima della nostra partenza per il sudamerica, il Vittolone, invece di prepararsi i bagagli, si diletta a montare filmati scabrosi fatti durante il bel campo di 101 ore a Istettai nel Supramonte sardo. Davvero bello, emoziononante entusiasmante, tra giulie urlanti, condomini litiganti, sifoni apneici e chi più ne ha più ne metta. Grazie Vitto.

domenica 14 febbraio 2010

Dove andrà l'acqua dei Piani Eterni?

In attesa delle autorizzazioni per il tracciamento, fiduciosi che quest'anno finalmente toglieremo il velo su questo mistero che ormai da vent'anni assilla gli speleologi pianieterneschi, oggi siamo andati a cominciare i sopralluoghi nelle varie sorgenti della Val Canzoi. Ovviamente non poteva mancare una puntata alla risorgenza valclusiana del Cavron, una delle due candidate favorite alla connessione idrologica col sistema. Un po' mi vergogno a dirlo, ma in ormai dieci anni di frequentazione dei Piani eterni, non mi ero mai avventurato in questa grotta che nelle sue viscere sommerse cela probabilmente l'accesso a mondi di gallerie che non riusciamo neppure a immaginare.
È stata anche l'occasione per fare un po' di foto col nuovo obbiettivo. Posti bellissimi come sempre. Li lascio pensando con gioia che a maggio mi accoglieranno per molti giorni e notti, e tanto ci sarà ancora da conoscere e capire.


L'entrata innevata.


L'ingresso vista dall'interno.


Il sifone terminale. L'acqua è talmente limpida che si fa fatica a vederla.

sabato 6 febbraio 2010

La Preta gelosa

Era un po' che trascuravamo la Spluga della Preta... Altre grotte più calde e giovani, dai Piani Eterni al Messico ci avevano allontanato da questa regina degli abissi che però non perde mai il suo fascino irresistibile.
Purtroppo, o per fortuna, capita ogni tot anni che qualcuno sia così svitato da pensare che laggiù ci siano ancora dei misteri da svelare. Quest'anno è stata la volta di Mauro e Jonny, che da un po' di tempo cercavano di convincermi a tornare laggiù, utilizzando mezzi coercitivi come litri di alcolici e serate di delirio in qualche pessimo pub padovano. Alla fine ci sono riusciti, complice anche la mia voglia di mettere un po' alla prova il mio fisico prima della partenza per il venezuela, prostrato dalle lunghe e molli giornate cittadine di questi ultimi tempi.
Così venerdì scorso, dopo aver rischiato di distruggere la mia macchina appena riparata nel tentativo di salire per la strada della liana, ci siamo incamminati lungo il sentiero fino all'ingresso dell'Abisso.
È stata una punta molto bella, il mio mal di schiena annullato dalla terapia d'urto (funziona ancora!), il campo a -630 pieno di leccornie abbandonate dagli amici polacchi a giugno (grazie Jaga, i dessert Travellunch erano ottimi!), le gallerie del Vecchio Trippa spettacolari più di sempre e una coppia di pazzi scatenati a cui mostrare i punti interrogativi che sono rimasti nella mia mente dopo tanti anni di letture e discese in Preta.
Il sabato mattina, dopo una deliziosa dormita che mi sembrava di essere in un albergo di lusso (faceva così caldo rispetto ai PE che era quasi fastidioso), ci siamo incamminati verso i -800 della Sala Tarsis ad affrontare un vecchio contenzioso che era rimasto aperto nel giugno del 2008, quando con Felpe avevamo trovato la Via dei Salmoni.
C'era questa risalita, proprio nel grande salone, che mi aveva illuso sbucasse su una bella galleria. Dopo una bella carica di adrenalina e stretching per una ventina di metri di artificiale nettamente strapiombante (almeno tre-quattro metri di tetto) e roccia marcia, finalmente arrivo su e trovo solo un meandrino così poco appetitoso che non ci entro neanche (comunque va, bisognerà tornarci) pensando di lasciare continuare ai due manigoldi che mi aspettano lì sotto.
Ma prima di tornare su, decidiamo di fare un ulteriori giro del grande salone per vedere se ci è sfuggito qualcosa. E infatti quello che ricordavo un camino abbastanza inutile sul lato nord, alla più attenta osservazione con luce più forte rivela un bell'ambiente sopra, anche qui un'apparente galleria. C'è anche un bel pipistrellino che dorme beato. Ci facciamo prendere dall'entusiasmo, spostiamo baracca e burattini, e lanciamo mauro a divertirsi un po' verso l'alto. Ma è qui che la Preta ci dà i primi segni di irritazione... "Che è? non vi fate vedere da un casino di tempo e adesso pretendete di trovare così la via giusta? Tornatevene sui Piani Eterni, visto che vi piacciono così tanto", la sento sussurrare mentre Mauro scava inutilmente in un pastone di cataclasite per piantare disperatamente un fix. Dopo due ore di tentativi, a non più di tre metri d'altezza, una conoide di sassi si è formata sotto la corda e il nostro prode impreca contro la sua incapacità di alzarsi di più. Quando mi chiede cosa ne penso di una roccia che suona evidentemente vuota (non terrebbe un coniglio) gli rispondo beatamente da disteso dicendogli che in questi casi bisogna essere un po' fatalisti, sperando che non mi prenda troppo sul serio.
È tardi e per questa volta rinunciamo anche se il posto sembra veramente molto interessante ed evidentemente la risalita (non più di 15-20 metri) è stata tralasciata negli anni passati proprio perché sembra di arrampicare su un castello di sabbia.
Sabato sera al campo altro cenone da paura, dormita di 4-5 ore e poi si parte verso l'uscita. Risaliamo "fluidi" senza fretta, sereni e rilassati, senza mai prendere freddo e neppure sudando. Sembra che stiamo tornado da un'ordinaria passeggiatina
sul lungadige.
Sono proprio cambiate le cose rispetto a dieci anni fa, allora tutta quella montagna da risalire mi sembrava infinita, mi schiacciava, mi dimenavo per i meandri come fossi su un campo di battaglia. Così invece , grazie anche al campo, è veramente tutta un'altra cosa. Bello davvero.
Ma tutta questa spensieratezza finisce quando arrivo sopra il saltino della marmitta. Sono le 10 del mattina e non vedo l'ora di essere davanti a un piatto di pasta fumante, quando sento un boato abbastanza impressionante. La Preta si sta un po' incazzando: "venite così e siete anche spensierati? adesso ve la faccio passare io la spensieratezza!"
Immagino subito quello che sta accadendo e arrivato alla luce del 131 un'altra bella scarica di neve e ghiaccio mi da uno splendido benvenuto. Ogni 5 minuti circa arriva giù una slavina di neve pesante e ghiaccio che fa davvero paura. È evidente che risalire è un gioco d'azzardo. Arrivano anche gli altri, ma ancora una volta reagiamo con assoluta tranquillità: tiriamo fuori i sacchi a pelo, il poco cibo che ci rimane e ci distendiamo alla pase del pozzo a goderci in diretta lo spettacolo delle slavine.
intanto, fuori, Andrea è all'ingresso: riusciamo a fargli capire che aspettiamo. Dopo circa tre ore evidentemente il vento che fuori continuava ad alimentare gli accumuli si placa e le scariche si fanno più rade, ma ogni tanto impressionanti, con anche blocchi di roccia. Quando contiamo 30 minuti tra una scarica importante e l'altra decidiamo di partire per una risalita velocissima che ci porterà in una dolina freddissima (almeno -15, non ho mai visto in Preta condizioni simili) con corde candelotto di ghiaccio e amenità simili. Ma dopo 45 ore dal nostro ingresso di venerdì, finalmente siamo fuori e Andrea e Claudia, vera manna dal cielo, ci aiutano a disarmare finché noi ci lanciamo nella caserma della finanza a cambiarci. È una giornata freddissima ma fantastica!
Gli sarà passata l'incazzatura alla Preta? avrà capito che lei non è paragonabile a nessun altra grotta?
Mauro, Jonny... mi sa che dovete coccolarla ancora un po'! La conosco bene, alla fine l'Abisso non delude mai chi crede veramente nella sua bellezza.

All'uscita. (foto Claudia Iacopozzi)




Alla base del Pozzo della Speranza nei rami del Vecchio Trippa (foto Ezio Anzanello).