lunedì 7 dicembre 2009

Nessun luogo è lontano

"Nessun cuore ha mai provato sofferenza quando ha inseguito i propri sogni." Paulo Cohelo

Forse è il momento di fare un po' di bilancio di questi ultimi due anni di vita. Non so perché scelgo proprio questo momento, e questo luogo, dove tante persone possono leggere, ma forse non tutte possono capire.
Il Chiapas ormai è alle spalle, un'altra avventura, diversa, intensa come poche altre, con incontri e amicizie che hanno arricchito nel profondo questo nuovo e ultimo viaggio del 2009.
Penso a quante miriadi di cose sono successe in questi ultimi 11 mesi. Per ben 4 volte ho volato oltre l'oceano per cercare quella sostanza "stupefacente" dal sapore così inconfondibile che è l'avventura. Il rincorrere un sogno scaturito da un racconto, da una foto, da un libro. Il vivere l'esplorazione abbandonandosi ad essa.
Proprio alcuni mesi fa mi ero ritrovato a scrivere di libertà di scelte, di poter vivere la propria vita facendola dirigere dai propri sogni. Uno scritto che ora rileggo e mi ci ritrovo totalmente. Non l'ho voluto pubblicare allora e neppure lo sarà ora, perché ogni cosa ha il suo tempo per essere compresa.
Io sono una persona davvero fortunata. Anche determinata, certo. Ho sempre creduto che le cose basta volerle fortemente per trovarsele nelle proprie mani, inaspettatamente. E quest'ultimo periodo è stata l'ennesima riprova di questo. A volte mi chiedo però se sarà sempre così... Non lo so. Certo qualcuno potrebbe dire che io in fondo ho una vita che permette tutto questo. È vero, ma è anche una scelta. Una scelta di libertà, che sembra la più facile del mondo, ma in verità non lo è.
Certo è giusto quello che dice Cohelo, scegliendo di seguire i propri sogni si sente di essere sulla giusta strada, e il soffrire non esiste. Bisogna però rinunciare a tutto il resto, spesso alle persone che vorresti vicino, e relegarle in un punto della propria esistenza portandole dentro di sé.
La vita è piena di sorprese, e ricordando il passato, mi viene da pensare che mai avrei detto che nel giro di una anno mi sarei trovato a volare sopra i Tepui, per poi dormire nella Cueva del Rio La Venta, tuffarmi in un sifone in apnea verso il grande collettore de supramonte, per poi salire sulle cime desertiche delle Guadalupe Mountains del New Mexico, e quindi ritrovarmi a un passo dalla giunzione tra il nostro PE10 e Grotta Isabella, e poi di nuovo in Messico circondato dal dono di persone eccezionali. Ho un po' di paura, lo confesso. Perché ripensando a tutto questa miriade di esperienze mi rendo conto che davvero non so che cosa ci riserva il futuro. Certo è che non riesco a smettere di sognare luoghi lontani, già a una passo nella mia mente, viaggiando alla ricerca di immagini e documentazione per organizzare la prossima partenza.
Forse il fatto è che non ci sono partenze e ritorni. Sono in viaggio ormai da due anni, e quando sono a casa, come ora, in questo nebbioso paesaggio veneto, in verità la mia mente è ancora oltre e sta semplicemente riorganizzando lo zaino. Non c'è bisogno di partire, perché in verità non sono mai tornato.

"Tra vent'anni rimpiangerai le cose che non sei riuscito a realizzare molto più di quelle che hai fatto. Per questo dimenticati dei limiti. Naviga lontano dal porto sicuro. Cattura il vento nelle tue vele. Esplora. Sogna. Scopri." Mark Twain




Chiapas, novembre 2009 (foto Carla Corongiu)


Piani Eterni, agosto 2009.


New Mexico, luglio 2009


Chiapas, aprile 2009


Venezuela, Akopan Tepui, febbraio 2009


Chiapas, Ombligo del Mundo, aprile 2008. (foto Carlos Sanchez)

sabato 21 novembre 2009

Fuori dalla selva

Siamo rientrati oggi a Cintalapa dopo 5 giorni nella foresta. Come già scritto da Corrado, purtroppo alcuni problemi burtocratici di autrizzazioni con l'INAH (Istituto Nazionale di Archeologia e Storia del Messico) non ci hanno permesso di lavorare con serenità e abbiamo così deciso di anticipare di qualche giorno la seconda fase della spedizione. Lassù abbiamo lasciato molte cose da fare, i pochi giorni ci sono bastati a malapena per capire dove concentrare gli sforzi in un territorio veramente vasto. Abbiamo percorso chilometri di selva, inseguendo segnalazioni di grotte e inghiottitoi, spaziando dal Rio Nero al Rio la Venta. Abbiamo effettuato due campi principali, un nella zona del Clarin e un altro nel meraviglioso rancho Vaje Acosta, da cui ci siamo spostati sia in giornata, sia passando una notte con le amache nella selva. Alcuni avvicinamenti hanno richiesto più di 5 ore di cammino, aprendo picade a colpi di machete, guidati dai proprietari di terreni e dai giovani rancheros di Cardenas. Le grotte esplorate non sono state in verità molte, alcune cavità sul centinaio di metri nella zona clarin, grotte fossili e brevi inghiottitoi nella zona di Acosta. Un gruppo si è perfino spinto alla junta, attraversando un impressionante paleoalveo del Rio la Venta.

In un paio di giorni abbiamo cominciato a capire che le ricerche andavano concentrate più verso il canyon, seguendo le principali valli controllate da lineamenti strutturali. Finalmente l'altro ieri abbiamo trovato un vero e proprio corso d'acqua, interrotto da trafori fino ad arrivare a un inghiottitoio, purtroppo impraticabile, in cui le acque spariscono per riemergere nel Rio La Venta, tre chilometri oltre e 450 metri più in basso. Nella valle, al di sopra dell'inghiottiotoio occhieggiano vie fossili che non abbiamo avuto il tempo di esplorare. Poi la decisione di abbandonare, di rientrare per non avere problemi con l'INAH. Così abbiamo spremuto fino all'ultimo le nostre energie esplorando oggi un'altra valle dove abbiamo individuato un torrente ancora più grosso, fino ad un altro imponente sumidero completamente ostruito da tronchi e massi. Al di sopra era evidente un alveo di troppo pieno che si spingeva fin sotto a una parete un centinaio di metri oltre. Ma eravamo senza autorizzazione del propietario del terreno e abbiamo preferito non rovinare gli ottimi rapporti con i locali. Se si riuscisse a entrare là sotto non ci sono dubbi che si entrerebbe in un altra Cueva del Rio La Venta.

Ma siamo pazienti... Questa volta abbiamo avuto davvero sfortuna. Fosse stato per le nostre guide potevamo stare lì comodamente ad esplorare con loro l'altopiano ancora per mesi. Ma purtroppo alcune delicate questioni politiche (ed economiche) che non sto qui a spiegare, hanno creato le condizioni per fermarci prima del tempo e, forse, proprio quando il bello doveva venire. Fortunatamente le grotte però non spariscono nel nulla, e ora sappiamo dove trovarle, grazie anche a questi lunghi giorni di ricerca spesso infruttuosa.

La spedizione comunque non è finita. Stiamo raccogliendo nuovamente le forze per spostarci in un'altra zona carsica dove alcuni amici speleo messicani ci hanno invitato a tentare l'esplorazione di un sifone in un grosso inghiottitoio che alimenta le sorgenti del famoso Canyon del Sumidero. Si tratta della Cueva Puercospin, un - 300 ancora da capire e in buona parte da esplorare. Saremo là da lunedì e vi manderemo altre notizie.

Per quanto riguarda la salute dei partecipanti, direi che ormai ci siamo ripresi tutti abbastanza bene, anche se il consumo di tachipirine e cortisone è stato decisamente anomalo. In foresta abbiamo avuto spiacevolissimi incontri con formicai tremendi, api, larve urticanti, tarantole, zecche e qualche innocua nauyaca che se l'è passata ancora peggio di noi. Ma questo fa parte della selva, fa parte dell'avventura, e quindi in fondo non ci è pesato poi così tanto. Anzi, ora che siamo in albergo, ci sembra così strano pensare a quell'intrico verde, e forse solo ora, rilassandoci da quella concentrazione quei luoghi ti costringono ad ogni passo, riusciamo ad assaporare il fascino di questa terra e di questo viaggio di esplorazione.


La nauyaca del sentiero che porta a Tres Marias (foto N. Russo)

giovedì 12 novembre 2009

Dentro le foreste del Chiapas

Era appena l’inizio di maggio, pochi mesi fa, quando, distesi sul cassone di un pick-up, lasciavamo le foreste che circondano la Lopez Mateos, illuminate da un tramonto messicano dagli orizzonti sconfinati. Pensavo a quanto buio si doveva estendere là sotto, alla bellezza della Cueva del Rio La Venta, ai sogni di nuove esplorazioni che in futuro ci avrebbero potuto portare nuovamente a precorrere impetuosi fiumi sotterranei e giganteschi saloni concrezionati. Mai avrei pensato che sarebbe passato così poco tempo per ritrovaci lì nuovamente a coltivare questo sogno.

Tra pochi giorni saremo al ranchito, e da lì inizieremo una nuova avventura nelle foreste del Chiapas.

Era da mesi che procedevo con la faticosa organizzazione dell’ultima, tanto agognata spedizione a Juquila, nello stato di Oaxaca. Avevamo programmato quest’ultimo viaggio, in quelle montagne così affascinanti, per concludere un progetto che ancora aveva delle incognite, dal sapore di canyon inesplorati e di grotte antiche ricche di dipinti di antiche civiltà mixteche. Forti di un accordo triennale con i campesinos di Tepelmeme, avevamo deciso di partire ad ogni costo, creando vari gruppi e articolando una logistica complessa che richiedeva l’appoggio totale delle nostre guide locali.

Putroppo in Messico nulla è scontato e delle forti opposizioni all’interno dell’assemblea del pueblo di Tepelmeme mettevano in forte dubbio l’accordo stipulato in passato. Siamo pur sempre stranieri che hanno una strana passione, quella di esplorare, senza pretese di scoprire cose che abbiano un valore economico. La nostra esplorazione significa semplicemente conoscere, e la passione che ci spinge ad affrontarla viene alimentata dall’avventura che sappiamo ci aspetterà ad ogni passo, ad ogni svolta che ci potrebbe portare verso l’ignoto. Ma quanto è difficile spiegare questo a delle persone che vivono in un  deserto pensando solo a riuscire a sopravvivere di ciò che gli offre quella terra? È comprensibile che, dal loro punto di vista, tutto questo nostro volere, tutto questo sforzo per esplorare sia insensato se non ci fosse un reale interesse economico in tutto ciò. E così affiorano i sospetti, si può pensare che questi europei avventurieri siano degli ingannatori, che in verità cerchino reperti archologici, petrolio o diamanti, chissà quale ricchezza nascosta nel cuore della loro terra.

Da settembre ad oggi a Tepelmeme ci sono state riunioni fiume, a cui hanno partecipato Alicia Devila, la nostra socia messicana, insieme con Arghelia e Israel, amici speleologi che hanno creduto in questo progetto. Abbiamo cercato di offrire qualcosa di tangibile alla comunità, libri in spagnolo, manifesti, appoggio per le loro iniziative di turisticizzazione, ma il sospetto, alimentato anche dalle leggende riguardanti un incidente avvenuto in grotta a degli speleologi inglesi che erano alla ricerca del plutonio (!), ha prevalso e alla fine ci è stato chiaro che i tempi non sono maturi. Forse un giorno torneremo in quelle montagne ma questo avverrà solo quando la gente avrà capito che non vogliamo rubargli niente,  ma che vogliamo solo conoscere il loro territorio e permettere anche a loro di sapere quali meraviglie della natura hanno nelle loro mani.

 Se c’è una cosa che non manca in Messico, sono le grotte da esplorare, e certamente a noi di La Venta non mancano progetti e sogni esplorativi (anche troppi). Così quel sogno messo nel cassetto a maggio è stato ritirato fuori e la spedizione a Juquila in pochi giorni si è trasformata in un ritorno in Chiapas. L’obiettivo è spingersi oltre la colonia di Cardenas, oltre le grotte del Clarin e della Neblina, per raggiungere degli imbocchi che i racconti dei locali dicono giganteschi. In effetti nessuna spedizione si è mai spinta così addentro a quel triangolo di foresta che si trova tra la confluenza del Rio Negro e il Rio La Venta. Sicuramente in quell’area esistono altri collettori, con morfologie del tutto simili a quelle della meravigliosa Cueva del Rio La Venta. Sarà quindi un’esplorazione ricca di incognite ma che presenta anche grandi prospettive.

Un’altra novità in questa spedizione sarà il tentativo di superamento di alcuni sifoni in grotte già note (Los Bordos, Clarin, Neblina) da parte del nostro speleosub Pierpaolo. Inoltre, se il tempo ce lo permetterà l’idea è pure quella di fare un campo nella zona di Los Bordos per riprendere le esplorazioni anche in questo settore del canyon, di cui di fatto si conosce ancora ben poco. Insomma di carne al fuoco ce n’è davvero molta. Tanto dipenderà dalle guide locali e anche dalla fortuna, ma sono certo non torneremo delusi, perché laggiù le grotte ci sono certamente.

Siamo un bel gruppo di ben  17 persone, provenienti da varie parti d’Italia (Trieste, Padova, Verona, Vicenza, Cagliari, Roma, Napoli…). Come La Venta stiamo cercando in questi anni di coinvolgere nei nostri progetti speleo, fotografi e ricercatori validi che abbiano voglia di darsi da fare e vivere queste avventure insieme con noi, condividendo questa passione e il nostro modo di svolgerla.

Anche questo nostro nuovo viaggio è supportato da Ferrino, oltre che da Intermatica che ci ha fornito degli apparecchi satellitari che renderanno più sicure le operazioni in foresta, permettendoci di abbandonare la vecchia e complessa tecnica  del posizionamento di ponti radio.

Cercheremo di tenervi informati degli sviluppi, comunicando con l’Italia almeno ogni due-tre giorni. Potete seguirci dal blog di laventa, blog.laventa.it.

Sono le 2 di notte, tra poche ore saliremo su un aereo, e poi sarà solo la foresta e le sue grotte misteriose ad occupare i nostri pensieri.

 

Ciao a tutti

 

Francesco

 

 



Nella Cueva del Rio La Venta. Foto di Filippo Serafini

Chiapas. foto di Filippo Serafini.

martedì 20 ottobre 2009

Correre, correre…

Sì è vero… mea culpa! Ho trascurato un po’ il blog nelle ultime settimane. Ma la quantità di cose che stanno trascinando i miei pensieri in giro per l’Italia e per il mondo veramente non mi hanno permesso di fermarmi e fare un po’ di “riassunto”.
È un periodo difficile, con La Venta si stanno programmando grandi cose, lotte contro il tempo per avere certezze, autorizzazioni, su progetti difficilissimi a cui non possiamo rinunciare. E lavoro ore e ore, altre le passo a sognare le foreste amazzoniche, a vedermi in cima a qualche montagna sperduta, su pareti gigantesche o in grotte immense.
Padova, Firenze, Roma, Padova, Bosco, Feltre, Bolzano, Padova, Genova, Savona… in viaggio continuo, mai fermo, perché se si vuole realizzare i sogni bisogna lavorare duro e sfondare tutte le porte con la propria testa e le proprie idee. Tanti problemi, anche il prossimo viaggio a Juquila (Messico) in novembre è in forse. I campesinos locali ci hanno negato l’autorizzazione ed è così difficile spiegargli che i primi che ci perdono sono loro stessi. Partiremo certamente, ma forse dovremo cambiare meta dirigendoci verso le fitte foreste del Chiapas. Ma non sarà facile. Siamo in 17, un piccolo esercito di speleo affamati di avventura. Fortunatamente in Messico, Juquila o Rio La Venta che sia, certamente quest’ultima non manca.

Nonostante tutto, anche se i pensieri sono occupati da mille altre cose, in attesa di partire non posso fare a meno delle piccole esplorazioni alle porte di casa a cui non rinuncerei per nulla al mondo. Sono queste avventure, vissute con i grandi amici di sempre, che mi forniscono poi l’entusiasmo e la voglia di sognare.
Così domenica scorsa ci siamo trovati quasi per caso alla Grotta-Galleria Taioli, luogo mitico dove ormai 11 anni fa io e mio cugino GB avevamo iniziato le nostre esplorazioni in meandri fangosi e grandi saloni. Non so perché, ma una sera mi è venuto in mente che nelle nostre esplorazioni avevamo lasciato quel camino gigantesco da rivedere, 90 metri di parete saliti solo nel 1986 dal CAI verona, e poi mai più percorsi. Voglia di arrampicare ne ho molta in questo periodo e allora perché non farlo in grotta. Per non so quale fortuita combinazione la sera prima, ormai a mezzanotte mi incontro col Gb che decide di venire anche lui, proprio come ai vecchi tempi. I Giuli completano la squadra. Ne viene fuori una bella giornata di acrobazie, tra traversi, e un Gb lanciato a superare diedri franosi minimizzando su protezioni e fix. Saliamo di ben 45 metri, fin sopra al gigantesco tetto che caratterizza il salone principale della grotta. Poca cosa, ma decisamente spettacolare. Uno di quei posti che ti riempiono di adrenalina, per la verticalità, le dimensioni, il rischio… Bello, davvero bello.
Questa domenica invece è la volta del Perloch, altra grotta lessinica, a cui abbiamo dedicato parecchio tempo in questi ultimi due anni. Con Andrea, Luca, Matteo e Enrico , ci lanciamo verso l’alto alla ricerca di passaggi che possano portare anche qui a un ingresso alto. La Val Fraselle rimane sempre un gran bel posto e questa grotta è per me una delle più belle dei monti veronesi dopo la Preta, ovviamente. Purtroppo in cima la camino principale una breve strettoia, oltre 100 metri al di sopra della quota d’ingresso, ci porta in una sala senza possibilità di prosecuzione. Ma molte sono ancora le cose da vedere con attenzione in questa grotta. In compenso ci siamo divertiti a lanciare giù macigni per rendere sicuro il passaggio, e a chiacchierare insieme di tante cose. La giornata finisce, come nelle migliori tradizioni, alla pizzeria di Sandro, dove con Adelino si riprende a discutere di esplorazioni amazzoniche, montagne inesplorate, indigeni discendenti da popolazioni sperdute nel tempo. Si parla di grotte, di esplorazioni future. Viene fuori anche la storia di Akakor, dell’indigeno Tatunca nara, di enormi mondi sotterranei sperduti tra Brasile e Venezuela. Chissà… quanti sogni possono nascere da una serata tra amici…
E si continua a sognare, anche nella notte guidando lungo l’autostrada verso casa, e poi nel proprio letto, tanto da non riuscire a dormire.
E si continua a correre, verso queste cose inafferrabili che, forse, un giorno vedremo coi nostri occhi. Ma che solo il fatto di averle sognate ci riempie di vita.


Il probabile ingresso alto della Grotta dei Taioli.

Il grande camino del Perloch (foto S. Crivellari)
Alla Preta, settembre 2009. (foto A. Bellamoli)

martedì 29 settembre 2009

Campanile di Val Fontana d'Oro

Settembre è il mese di disintossicazione dalle grotte e, come tutti gli anni, va rispettata la tradizione della via in montagna baciati dal sole. Quest'anno mi mancava il compagno fidato, Alberto, sperduto in Norvegia, che l'anno scorso aveva avuto la splendida idea di portarmi a fare una via di 6° con passaggi di 7°- sulle Odle (ero arrivato in cima realmente provato). Così ho dovuto arrangiarmi, accompagnato dalla bionda Giulia, mi sono fatto da primo tutti i "facili" tiri di questo bel campanile del Pasubio.
Niente a che vedere con la Malsiner-Moroder dell'anno scorso, ma pur sempre una bella soddisfazione per aver fatto tutto da solo, il che è buona cosa per uno speleologo, poco alpinista, come me. Come saranno le prossime? Vedremo.. peccato che ormai mi sa che sarà per il settembre del 2010...



lunedì 24 agosto 2009

Certi sogni...


Certi sogni sono difficili da realizzare. Può essere necessario uno sforzo immenso, tante fatiche, delusioni, scontri con una realtà che non vuole diventare ciò che vorresti. E poi, nel momento in cui ti arrendi, proprio quando decidi che è finita, il sogno si realizza lasciandoti incredulo, estasiato dall’imprevedibilità di questa vita…
È proprio questo che è successo in tutta questa storia della congiunzione tra Isabella e il PE10.
Non è passato tanto tempo in fondo da quando per la prima volta avevo sentito parlare di lei, Isabella. Ricordo che ero sulle creste di Cimia, insieme con una persona speciale, e guardavo giù le pareti scoscese che precipitano nella Valle del Mis e mi chiedevo che cosa sarebbe stato se un giorno avessimo trovato l’uscita, l’ingresso basso che allora tanto stavamo cercando in quell’altra signora veneta che è la Spluga della Preta. Qui, sui Piani Eterni, un’ipotesi del genere, sembrava assurda, lontana dalla realtà quanto dai sogni. Ma accadono cose che possono sconvolgere le nostre convinzioni per sempre: erano i primi giorni di gennaio del 2007 e, dal PE10, mi trovavo a vagare insieme ad altri amici per lunghe gallerie orizzontali come non se ne sono mai viste in queste montagne, il piano paleofreatico di –550. Fu un’esplorazione sconvolgente. Qualcosa non tornava nel nostro concetto della grotta… una vocina ci sussurrava che non avevamo ancora visto niente, che tutto ciò che era stato esplorato non era altro che un insignificante pezzetto di quel ragno gigantesco che si estendeva al di sotto dei nostri piedi. E quel ragno dirigeva le sue zampe verso un luogo di bellezza superba, seppur ancora snobbato e insignificante ai nostri occhi: Isabella.

Agosto 2007. Da Pian di Cimia, saliamo attraverso un boschetto di faggi fino a un piccolo passo, il “crucol” come poi lo chiamerà il Cicca. Da quel punto la vista è magnifica, la torre della Gusela troneggia sopra la Val del Burt circondata da pareti che danno una profonda sensazione di luogo selvaggio, come se fossimo in qualche luogo sperduto del mondo. Il viaggio per arrivare fin qui è lungo, 5 ore di cammino con gli zaini pesanti, ma gli amici di Feltre dicono che hanno superato la frana terminale di quella grotta e quindi non possiamo più fare finta che qui sotto non stia succedendo niente.
La galleria iniziale di Isabella è qualcosa di difficilmente descrivibile. Non so… ma credo che gli ingressi ai grandi mondi sotterranei, soprattutto gli ingressi bassi, si assomiglino un po’ tutti, non tanto per morfologia, quanto per magia… Si sente qualcosa… Si sente che quella è la porta a un mondo enorme, percorso solo dal vento, che finalmente lì se ne esce dal su lunghissimo viaggio sotterraneo. Un fruscio potente, alla prima strettoia, un rumore che non lascia dubbi: questo è il respiro del mostro.
Già in quell’occasione la grotta ci aveva lasciato correre per chilometri di gallerie, in esplorazioni indimenticabili che non basterebbe ormai una notte intera per raccontarle. Era chiaro, Isabella e PE10 erano solo due accesi allo stesso labirinto sotterrano. Avremmo trovato la chiave, il passaggio che ci avrebbe permesso di attraversarlo quel mondo, da parte a parte? Ne ero convinto, allora lo davo per scontato. Era solo questione di tempo… due anni dicevo, forse anche meno.
Ora devo confessare che ci sono stati momenti in cui ho dubitato, fino a non crederci proprio più. Davvero...

Sabato 22 agosto 2009. Da quella prima volta in Isabella ne è passato di tempo, soprattutto in termini di ore in grotta, di punte in PE10, di notti alla Locanda del Bucaniere, di giorni passati a sognare e a discutere, di sogni e incubi notturni… E ne sono passate tante anche di persone, amici venuti a godere con noi di queste esplorazioni, speleo che hanno dato tanto per realizzare questo sogno.
Ora siamo in quattro, Io, Marco, Omar, e Mauro. Ma potremmo essere anche Ciccio, Cristiano, Paolo, Luca, Andrea, e tanti altri nomi, e il destino non cambierebbe. Vogliamo questa giunzione a tutti i costi, siamo determinati e convinti che questa sarà la volta definitiva.
Dopo le esplorazioni degli anni scorsi, Isabella è diventata una grotta fonda ben 300 metri. La via che porta al punto più profondo è uno scomodo meandro attivo, un “ringiovanimento”, uno stupido scolo, scavato dall’acqua, che buca i livelli di gallerie freatiche e porta sempre più giù nella montagna. L’idea è quella che prima o poi quell’insignificante torrentello deve aver incrociato le grandi e labirintiche gallerie sottostanti del PE10. La strategia è la stessa che venne usata nella storica giunzione del Kayam tra Fighierà e Corchia: fregarsene dello stretto, abbandonare le vie fossili, troppo franose e indecifrabili, e scendere, scendere, scendere, fino a giuntare.
Avevamo percorso quella via la prima volta con Fabio e Michele, poi con Jean Pierre e Andrea, poi con Marco B ed altri, infine io da solo con Armando giusto un anno fa. Era stata quella una punta dura, in due, continuando a guardare l’altimetro, convinti anche allora che ce l’avremmo fatta. Ormai c’eravamo, le gallerie dovevano essere lì. Ma non ce n’era traccia ed eravamo tornati indietro stanchi morti dopo aver continuato a seguire il meandro inseguendo l’aria verso il basso… forse troppo in basso…
Poi i fatti di poche settimane fa: dal PE10 si esplorano improvvisamente altri chilometri di gallerie, oltre l’Isola che non c’è. Guardando il rilievo, proprio in zona Isabella, si estende ora un reticolo impressionante. Non è possibile che le due grotte non si tocchino. In tanti pensiamo “È fatta”, ed è solo questione di giorni ormai.
Questione di ore, mentre scendiamo lungo i pozzi della Via dei Turpi, inseguendo il vento, e giungiamo alla zona esplorata con Armando l’anno scorso. Lungo il percorso è rimasto da esplorare un grande pozzo caratterizzato da un bell’eco, proprio come alcuni camini che una settimana fa avevamo visto con Leo nel PE10.
Armo e scendo in un bellissimo fusoide profondo una trentina di metri, denominato poi Pozzo dello Scheletro (su un terrazzino c’è uno scheletrino di martora, e che ci farà là a –300?). Già prima di toccare il fondo vedo l’imbocco di una bella forra e penso che ormai ci siamo. Arriva anche Marco e imbocchiamo il condotto. L’acqua si getta in un altro ringiovanimento, impraticabile, mentre avanzando nella forra ad un certo punto vedo delle impronte. Dopo il primo momento di eccitazione, ragiono. Mi guardo intorno, questo posto lo riconosco, è la forra che abbiamo raggiunto io e Armando l’anno scorso scendendo due pozzetti fossili. Calma… siamo ancora in Isabella. Anzi delusione, il nuovo pozzo porta nello stesso posto visto l’anno scorso. Penso… Non mi sembra di ricordare altri bivi o finestre, le possibilità esplorative ormai sono pochissime. Avanziamo allora nella forra, seguendo l’aria, fino a un passaggio allagato, limite estremo della scorsa esplorazione… Non so che fare, sono indeciso. So che se mi butto dentro quell’acqua sarà la mia ultima possibilità e poi dovrò uscire per non congelarmi. Ma se il PE10 fosse proprio al di là? Penso alla strada dietro di me e non ricordo altre vie possibili… l’aria va di qui. Devo andare.
Mi butto nell’acqua fredda, e avanzo per cinque, dieci, venti metri, nell’acqua. Porca troia, la volta non si vuole alzare. Sento il freddo entrare dappertutto, ma non ho paura, sono determinato ad andare avanti. Finalmente sbuco in una gallerietta un po’ più grande, non saluto neppure gli altri dall’altra parte e comincio a correre avanti. Dopo cento metri, ancora nessuna traccia di giunzione. Maledetta, neanche questo ti basta… C’è una strettoia fetente. Provo a passarla… non riesco, dovrei togliere l’imbrago. Sono solo, non mi sembra il caso di rischiare di rimanere incastrato… Poi affacciandomi sento il vento soffiare… No, non posso fermarmi. Tolgo l’imbrago e spingo fino a passare. Ancora condotte, l’acqua sparisce in una fessura impraticabile. Avanzo lungo cunicoli fangosi, rotolando e scivolando nella palta che ormai mi ricopre totalmente. Che posto di merda… Bastarda!Bastarda! Sento sfumare il sogno. Sento che questo è troppo, che non ha senso. Che quello che rincorriamo è una stupida impresa senza senso che non vale tutto questo soffrire. Penso a quanto tempo ho dedicato a questo sogno, penso alle fatiche passate, agli sforzi, alle notti insonni. Penso a quante volte ho visto sfumarmi la giunzione tra le mani. Che altro vuoi bastarda? Che mi ammazzi per un desiderio? Non ti basta tutto questo? Ho un attimo di sconforto vero. Mi rendo conto che non ci sarà nessuna giunzione. È finita. Io non gioco più.
Rifaccio tutto il percorso a ritroso buttandomi in acqua fino a raggiungere gli altri. Gli dico che peggio di così non poteva andare. Sono abbattuti anche loro. Difficile credere che ci sia ancora qualche speranza…
Io sono fradicio, devo uscire, e Mauro mi accompagnerà. Mi sento ancora più triste quando Marco mi parla di disarmo… È proprio finita…
Guardo lui e Omar e dico: «Ok, però invece di risalire il Pozzo dello Scheletro, tornate per la via che abbiamo fatto io e Armando e guardate bene qualsiasi cunicoletto, buco, strettoia di merda che trovate. Ricordo che nella sala alla base della corda c’era qualcosa. Non ci credo più, ma potrebbe essere l’ultima possibilità».

Ore 02 di domenica 23 agosto. Sto sognando belle signorine, quando la voce di mauretto, mi sveglia. «Sono le due e gli altri non sono ancora usciti… sono un po’ preoccupato… Boia can!»
Di fronte il portale di Isabella e un cielo stellato. Un po’ infastidito per il sogno interrotto rispondo: « Strano, comunque non mi preoccuperei ancora, in fondo noi abbiamo corso e sono passate solo tre ore da quando siamo usciti…»
«E se avessero fatto la giunzione? Boia can!?»
«Non dire cazzate… è rimasta una probabilità su un milione, col culo che abbiamo avuto fino a adesso…» Mi stupisco del fatto che dicendolo rinasce una flebile speranza anche in me.
«Senti io entro in grotta e gli vado in contro, », mi dice Mauro.
«Ma… aspettiamo ancora una mezz’oretta, tanto è inutile preoccuparsi» Non faccio in tempo a dirlo che lo vedo sparire.
Sono di nuovo solo e ripenso a tutta questa storia. A quanto sarebbe bello che ci fosse il colpo di scena finale. Penso che è impossibile. In quell’istante sento delle voci da dentro la grotta. Parlano forte, come se fossero eccitati.
In un attimo Marco è di fronte a me…
«È fatta, abbiamo fatto la giunzione!»
«Dai non prendermi per il culo, non ci credo!»
«Cesco, non ci credo neanche io! Ma è fatta, siamo entrati in PE10, proprio dal cunicoletto alla base della corda. Circa venti metri strisciando e abbiamo cominciato a trovare impronte…»
Mi sembra assurdo. Quell’ultima possibilità… vedo la faccia di Omar, è tutto vero…
Ancora increduli cominciamo a urlare, a darci pacche sulle spalle.
Sento Isabella che ride… sempre più forte… e noi con lei. Mentre l’eco della nostra gioia si ripercuote per le pareti della Val Falcina.

A volte sembra proprio che i sogni siano irrealizzabili, a volte non si riesce più a crederci, ma quando meno te lo aspetti si materializzano davanti ai tuoi occhi. E allora sei talmente incredulo che non sai che fare, non sai che dire, solo ti ritrovi con qualche lacrima che ti segna il viso e una bella fiaba da raccontare.

Francesco


Mauro, Omar e Marco dopo la giunzione


L'ingresso di Grotta Isabella.


A passo Cimia

mercoledì 12 agosto 2009

I bimbi sperduti

Che il complesso dei Piani Eterni fosse grande e affascinante lo si sapeva… ma che fosse anche così immenso da diventare una delle più lunghe grotte d’Italia pochi se l’erano immaginato.
Ora, guardando le poligonali che si incrociano 800 metri al di sotto della piana di Erera, si può veramente comprendere quanto ci sarà ancora da fare nei prossimi anni, quale infinità di pozzi e gallerie avremo da esplorare fino alle risorgenze. La grotta sembra ora un grande ragno che muove le sue zampe ognuna sotto a una diversa conca glaciocarsica aprendo possibilità esplorative un tempo inimmaginabili.

Vent’anni fa veniva scoperto il primo ingresso del sistema, il PE10. Dieci anni fa anch’io per la prima volta mi ritrovavo ad affacciarmi su quel pozzo nero per rimanerne stregato. Da allora tanti campi, tante esplorazioni, anche difficili, in posti che ora mi sembrano ridicoli rispetto a tutto quello che ci aspettava “oltre”. Poi la magia esplosiva delle esplorazioni dell’inverno del 2007. Scendendo il Pozzo Halloween avevo avuto la pessima idea di dire che da lì in poi mi sarebbe piaciuto passeggiare un po’ su gallerie invece che scendere pozzi… Azz se sono stato accontentato! 8 km in tre anni, in un piano freatico che sembra più un labirinto, un mondo a sé stante, scollegato da tutto quello che si conosceva prima.
Ed ora siamo qui. Di nuovo sulla soglia del buio, in quattro, io, Andrea compagno delle migliori avventure, Leo e Gianpaolo arrivati fin qui dalla Toscana per vedere anche loro coi propri occhi. Ciccio e Jonathan ci hanno riversato un entusiasmo impressionante dopo la loro punta di quasi una settimana in cui hanno rilevato la bellezza di 2200 metri! D’altra parte non c’era niente di più naturale, un ramo che si chiama “l’Isola che non c’è” doveva portare prima o poi oltre la soglia di un nuovo mondo irreale, sempre più immenso del conosciuto.
Dalla Locanda del Bucaniere attraversiamo Neverland, il bypass, fino a giungere all’impressionante porta 54, da lì giù in un universo obliquo di condotte ellittiche. Quattro ore per arrivare al limite esplorativo precedente sul Pozzo “Era Ora”.
Ma a noi non interessa la profondità, non interessano i record, volgiamo spaziare, vagare, nel cuore dei Piani Eterni, sognando di arrivare a solleticare le fondamenta della Casera Brendol, dove i nostri amici ci pensano nell’attesa del nostro ritorno alla luce. Così traversiamo tutti i pozzi che troviamo, entrando in una galleria che chiamiamo “dei Bimbi Sperduti”. Già, perché è così che ci sentiamo. Bambini che giocano agli esploratori, ad anni luce da tutto quello che ci ha abituato questo mondo, in un universo nostro, in un cielo di costellazioni fatte da gallerie, pozzi, torrenti, sale concrezionate. Qualcosa di indescrivibile, pure difficile, inospitale, ma sempre ipnotizzante fino a farti desiderare di non fermarti mai, di non tornare più indietro.
E invece le ore passano veloci ed arriva l’ora di tornare, siamo ormai a 850 metri di profondità, chissà dove sperduti al di sotto delle Piazzole, dentro gallerie che puntano dritte alla risorgenza del Cavron, ancora 400 metri più in basso e svariati chilometri oltre.
Ci riposiamo nei caldi sacchi a pelo della locanda e poi ripartiamo questa volta (l’ennesima volta…) alla ricerca della giunzione con Isabella. La settimana scorsa Ciccio e gli altri hanno individuato una forra attiva molto simile a quella dove mi ero fermato a –340 in Isabella l’anno scorso. Dobbiamo scoprire se è la stessa… con il sogno, non tanto velato, di trovare la corda che ci porterebbe a uscire dall’altra parte della montagna.
Risaliamo l’acqua in ambienti molto belli, effettivamente molto simili a quelli della Via dei Turpi, ma sento che la grotta non è ancora pronta a farci un regalo come la giunzione. Infatti dopo un saltino che arrampichiamo solo io e Leo ci troviamo infognati in strettoie e brutte zone di frana. Stiamo per abbandonare tutto, ma poi Leo si infila in un laminatoio improbabile e sparisce. Aspetto una mezz’ora e poi mi infilo anch’io. Lo trovo tutto trafelato che mi dice che la grotta va alla grande. Infatti ben presto ci troviamo a incrociare una bella galleria. Lui va a destra, io a sinistra, soli in esplorazione… Corro per circa 200 metri, attraversando con un salto un profonda forra attiva. A un certo punto la galleria si apre su un salone dove comincio a non credere più ai miei occhi: una fila di splendide colonne di concrezione, alte più di due metri, troneggia al di sopra di una colata cristallina. Sono euforico e mi viene naturale continuare a urlare “grazie, grazie, grotta bastarda, grazie!” mentre sento che lei mi dice “ pivelli, che pensate che io sia solo quello che conoscete? Io sono un mondo che neppure vi immaginate”. Tutto questo, mentre sto correndo per centinaia di metri lungo una forra che non vuole finire. Ma dopo un’oretta comincio a essere sfinito e mi volgo indietro fino al bivio dove incontro nuovamente Leo. Vedo che anche lui è strano, anche lui ha vagato da solo dall’altra parte senza trovarne una fine. Ormai il nostro tempo è scaduto, e qui è tutto troppo grande per noi, ora. Dobbiamo tornare indietro…
Penso che questa volta la grotta ci ha davvero sbeffeggiato, seppur in modo affettuoso, come un grande maestro che fa capire al suo allievo che la presunzione di sapere è il più grande ostacolo alla verità. Cosa c’è la sotto oltre la soglia dei nostri ricordi?
L’unica cosa che mi sento di dire ora è “non lo so”. Ora posso solo pensare agli altri quattro amici che adesso sono laggiù (Giulia, Tebe, Andrea e Sara) e aspettare che un altro pezzo del labirinto si sveli ai loro occhi. Un mondo che esiste solo grazie a questi bimbi sperduti che non vogliono smettere di sognare.


Il regno di Gorm

Condotte verso i -700

Verso le gallerie dei Bimbi Sperduti

Galleria delle Aragoniti

Tre bimbi a 15 ore dall'ingresso

lunedì 3 agosto 2009

Verso le esplorazioni alle porte di casa

Tornato dal Texas non ho avuto tempo di aggiornare il blog. Sono stato travolto dall'organizzazione della mostra La Venta a Bosco Chiesanuova, culminata nella proiezione di sabato del doc sulla grotta dei cristalli insieme con Tullio Bernabei. Ora tutto è a regime e la mostra rimarrà aperta fino a venerdì 14 se volete visitarla.
Nel frattempo io me ne scappo in Piani Eterni. Finché attraversavamo l'oceano pare che un gruppo di amici abbia superato al soglia di Neverland entrando in un mondo sconfinato di gallerie.
Ora andiamo a ficcarci il naso anche noi... spinti da una curiosità che freme nelle vene. Vedremo.
Porterò la macchina fotografica, spero di riuscire a raccogliere qualche istante di queste meravigliose esplorazioni così alle porte di casa, ma anche così distanti nell'immaginario, così fantasticamente irreali


Sulla cima delle Guadalupe Mountains, isole nel deserto


Gigantesca galleria inziale delle Carlsbad Caverns

Al bar a 210 metri di profondità dentro le Carlsbad

venerdì 24 luglio 2009

L'Abisso oltre oceano

Ieri sera alla grande serata di presentazioni dei premi della Speleomedia international convention (ripetuto due volte per i 1500 spettatori), l'Abisso ha vinto il terzo premio per meriti artistici. Questo il commento di Frank Binney, uno dei sei giurati:
«One of the best "caving film for cavers" I've seen. It's honest, without the contrived storyline of typical television documentaries. Sauro authentically captures the universal truth of why cavers return again and again to caves that have already been explored. he also connect us emotionally with the cavers in the story: those actively caving today and those remembering their past explorations»
Moltissimi i complimenti e le domande anche questa mattina alla proiezione e discussione sui film.
Nono premio per il film... Anche qui oltreoceno, nelle lande desertiche del Texas. Dopo quattro anni.
E hanno avuto anche il coraggio di chiedermi: se tornassi indietro rifaresti tutta quella fatica per fare il film?
Innumerevoli ricordi e sensazioni mi sono scorse nel sangue in un istante. La rifarei altre cento volte...


Con Michel Siffre, che ha vinto il secondo premio con il film Beyond Time


Alla discussione di questa mattina

mercoledì 22 luglio 2009

Texas Cavers

Finalmente, dopo alcuni giorni di ambientamento al profondo Texas, ho 15 minuti per scrivere e aggiornare il blog. Scrivo dall’appartamento di Giovanni nel campus della Schreiner University. I questa specie di villaggio alienante siamo in ben 1500 speleologi provenienti da tutto il mondo. Ci sono un sacco di presentazioni interessanti da vedere, tante persone da conoscere… si incontrano per strada personaggi mitici di cui avevo letto nei libri, quegli uomini di cui senti raccontare idealizzandoli e poi scopri che sono persone vere i carne ed ossa, come Michel Siffre o Bill Stone,..
Ci sono statunitensi con facce allucinanti, vestiti in modo improbabile, hippy cavers, che vanno in grotta con tecniche pericolosissime e strumenti che da noi non esistono. Lunedì ho dovuto affrontare il pubblico del Dieter Auditorium con la prima presentazione su Juquila. Più che altro ho dovuto affrontare il mio inglese, con cui sto lottando da giorni… Poi martedì con Piani Eterni, e lì è andata veramente bene, d’altra parte l’argomento non è indifferente, forse per questo anche il linguaggio scorreva più fluido e veloce.
E poi l’Abisso. Dopo cinque anni siamo ancora qui a presentarlo e a sentire commenti, gente che ti ferma e ti dice «Are you italian? I’ve seen your film!» e poi ti racconta delle sue grotte confrontandole con la mitica Spluga. E chissà che anche questa volta la Preta non abbia attirato l’attenzione della giuria… lo sapremo solo domani quando ci saranno le premiazioni dello Speleo Media Competition.
Gli speleologi sono uguali in tutte le parti del mondo. Con il loro modo di fare inconfondibile, con i loro pregi unici e i loro difetti.
Oggi io e Leo siamo stati anche in grotta, Valdivia Sinkhole, superando laghi e camminando in belle gallerie. Abbiamo fatto anche un’incontro entusiasmante con un bel serpentone caduto alla base del pozzo d’ingresso. Leo ha avuto la splendida idea di salvarlo mettendolo in un sacco e portandolo fuori.., Cercando di infilarlo nella saccoccia, mentre la gente attorno scappava, ha avuto anche il coraggio di dire «Someone can help me?»…


I rappresentanti della speleologia italiana nella piscina del congresso mondiale di speleologia :)


All'ingresso della Schreiner University


Piani Eterni Talk show


Cena con vista sul Guadalupe river


Valdivia Sinkhole


Someone can help me?

giovedì 16 luglio 2009

Ritornato... ripartito

Ancora in viaggio questa notte. Volo verso il Texas, al congresso internazonale di spelelogia, e poi verso i parchi del new mexico, tempo e clima permettendo.
Proprio non ho avuto tempo di scrivere di più in queste ore. Sono tornato dalla Sardegna e ora riparto, è un'estate in cui non ci si ferma mai. A volte è faticoso, ma è bello non fermarsi...
Spero di poter aggiornare il blog direttamente da laggiù.

martedì 14 luglio 2009

101 ore nel ventre del Supramonte

Se penso che fuori c’è un sole che spacca le pietre, un mare stupendo dall’acqua cristallina e tanti colori da far impazzire l’iride…
E invece il mio led si sforza di squarciare il buio della più profonda e “bastarda” grotta della Sardegna.
Quattro continentali e quattro isolani. Attorno a un tavolino di pietre scherziamo e ci prendiamo in giro preparando una cenetta coi fiocchi sulle rive del collettore.
Dietro di noi abbiamo lasciato che la pesante porta di accesso a questo mondo severo e maestoso si richiudesse nelle buie acque del sifone di Istettai. Dietro di noi pozzi e strettoie, Bitungas, Violazione di Domicilio, SACRILEGIO, tanti ostacoli che lassù, 300 e passa metri più in alto si collegano con il cielo terso della Sardegna.
Davanti a noi invece solo il primo passo di un viaggio lunghissimo che porta a rivedere la luce a Su Gologone, oltre 20 km in linea d’aria e chissà quanti di grotta. Davanti a noi il sogno realizzato di questi amici sardi che quando credono a qualcosa lo ottengono, qualsiasi ne sia il costo in termini di fatica, incomprensione, pazzia…
Istettai è proprio una grotta folle, bella quanto crudele nel non lasciarti correre avanti seguendo le rive di quel torrente impetuoso che si infila attraverso frane, fratture sifoni. Maledetti goffi corpi che ci portiamo appresso, quanto bello sarebbe poter fluire come gocce d’acqua nella corrente? 
Davanti a noi, oltre la frana delle Cipolle, c’è sicuramente un mondo che neppure riusciamo immaginare e che dubito potremo mai illuminare compiutamente. Qualcosa più grande dell’uomo, qualcosa che ti sconfigge appena cerchi di ribellarti da quella morsa che ti trattiene lì impotente senza riuscire ad andar oltre. 
Dentro di noi, piaghe, dolori, stanchezza, fame, dubbi. Che cazzo ci facciamo quaggiù? Che cosa stiamo cercando? In fondo tutto questo è solo aria, roccia, acqua che scorre. Ma in fondo tutto questo è anche il nostro sogno, per cui gli speleo sardi hanno scavato, lavorato, faticato per anni, e il nostro sogno per cui noi continentali abbiamo preso un traghetto, attraversato il Tirreno, stretto amicizie, sbirciato in questo mondo del Supramonte che sembra più il Messico o un luogo in capo al mondo invece che una parte d’Italia. 
Attorno a noi il Supramonte, sopra e sotto, ci circonda, con la sua gente, il suo passato, tutti gli speleo che qui hanno cercato e sognato. In fondo il fluire del collettore è proprio come lo scorrere del tempo: ogni istante lascia nuovi segni, scava, allarga, ostruisce, crea. E non si ferma mai. 
Un giorno torneremo laggiù a toccare le rive di quel fiume chilometri più a valle? Un giorno rideremo di questo campo pensando a quanto ancora non conoscevamo? 
Solo quell’acqua che uscirà a Su Gologone ha queste risposte ma noi non possiamo leggerle.
Ma intanto, dopo 101 ore nel cuore di questa montagna, ci portiamo fuori a far asciugare al sole ciò che i nostri occhi hanno visto, dalle meravigliose cascate della Garganta del Diablo, alla gigantesca colata del Salone Simingione. Li facciamo asciugare al sole della Sardegna e ce li portiamo nel cuore fino a qui e oltre. Come fossero il rumore del fiume, che sempre sussurra e chiama, come il canto di una sirena, a ritornare…

Grazie a tutti i compagni di questa avventura, anche e soprattutto a tutti quelli che ci hanno accolto fuori sabato sera con quella mitica festa all’ovile del signor Mulas. Grazie anche a tutti quelli che hanno lavorato in quella grotta negli anni, permettendo anche a noi, ultimi arrivati, di vedere il collettore del Supramonte. 







giovedì 2 luglio 2009

Verso il grande collettore

Finalmente in partenza... l'adrenalina pian piano sale, l'entusiasmo comincia a farsi sentire... Siamo pronti?
Al di là di quel mare che attraverseremo questa notte sul ponte di una nave, ci aspetta il grande collettore, un luogo che anch'io ho sognato a lungo leggendo delle grandi avventure esplorative degli amici sardi. Questa volta ci siamo anche noi... tre padovani e un feltrino, dal profondo nord-est verso l'isola più bella del Mediterraneo.
Campo interno di 5 giorni, quintalate di sacchi di materiale, trapani, batterie, tende, bombole, telecamere, cibo, mute, corde, sacchi a pelo, fornelli, pentole... tutto da far passare attraverso un sifone da apneisti che ormai non ci fa più paura perché la voglia di vedere il grande fiume oscuro del Supramonte è diventata troppo forte.
Un'operazione con tanti obiettivi: proseguire le esplorazione di uno dei più grandi collettori idorgeologico d'Italia, ma anche capirne il percorso con colorazioni, fluorimetri, tinopal... chissà se ci troveremo a sguazzare nelle acque verdi di fluoresceina che questo fine settimana verrà immessa negli inghiottitoi posti più a monte del sistema. Sono certo che sabato prossimo, quando usciremo, saremo distrutti ma anche molto soddisfatti... d'altra parte anche, e soprattutto, laggiù, nell'isola, in quel buio che si estende enorme tra il mare e le montagne, sempre la realtà supera la fantasia.
Dispiace solo la mancanza di alcune persone che non potranno esserci e che ci tenevano tanto e in particolare Marco e Andre: berremo una bozza di canonau anche per voi sulle rive del collettore. Sarà un motivo in più per tornarci insieme nei prossimi anni!
Spero di riuscire ad aggiornare il blog con buone notizie il prossimo finesettimana. Nell'attesa... pensateci sperduti a camminare sulle rive del COLLETTORE.





Un video girato da Vittorio a Su Colostargiu . Non è il collettore ma solo uno dei suoi probabili affluenti, immaginatevi che cosa è il fiume vero e proprio...

domenica 14 giugno 2009

Singoli fotogrammi

È sempre difficile trovare il tempo e il momento giusto per scrivere quando gli eventi si susseguono con un ritmo serrato, frenetico, come singoli fotogrammi di un film la cui pellicola corre attraverso il fascio di luce senza mai potersi fermare. No... non ci si può fermare... 
Proprio un mesetto fa scrivevo a un amico che si trova ora dall'altra parte del globo terrestre, ora disperso in chissà quali deserti australiani, che le persone come noi hanno un fondamentale problema: nel momento in cui ci chiediamo che cosa c'è "oltre" è già troppo tardi, perché siamo già in cammino verso quella direzione. E per questo non ci fermiamo mai. Ma come dice bene il buon vecchio Jean questo è un falso "problema" perché è proprio questo continuo inseguire i nostri sogni  ciò che ci dà vita. E ogni meta in realtà è solo un nuovo punto di partenza.
Bene... è questo per me un momento dove i sogni si accavallano uno sull'altro, quasi come se i fotogrammi di un film si lanciassero solitari a un sorpasso infinito. Ci sono tante idee, tanti progetti. Mi aspettano dei mesi duri ma credo belli. Appena tornato da un viaggio in Calabria alla ricerca delle rocce che un tempo si trovavano negli strati più profondi della crosta terrestre, in luglio sarà la volta della Sardegna. Il ritorno in quei mondi sotterranei non poteva mancare quest'anno. Per la bellezza dei luoghi, per il fascino di quelle esplorazioni così concettualmente nuove, per l'amicizia che ormai ci lega con gli irriducibili esploratori sardi. Poi partiremo di nuovo per attravesare l'oceano alla volta degli Stati Uniti. Al congresso internazionale di Kerville in Texas porteremo l'Abisso, i Piani Eterni e tante altre storie, e spero torneremo indietro con nuove amicizie e conoscenze di persone provenienti da tanti angoli del mondo. 
Poi ci sarà il campo in Piani Eterni e forse alcune nuove avventure che stiamo architettando con uno speleologo pazzo di fama internazionale (ma comunque un grandissimo rincoglionito). 
Poi tutti i progetti discussi e sognati ieri e oggi nel nostro incontro La Venta a Treviso. Si parte da Juquila, prospezione in Tepui, una regione di grandi pozzi con laghi e altre sorprese nel nord del Messico, forse Kronio con tutte le sue problematiche tecniche... insomma una montagna di carne al fuoco. 
E come se non bastasse finalmente forse ho trovato l'ispirazione per un nuovo libro... Sì proprio così, ma non dico ancora nulla... solo che sento l'entusiasmo proprio come quando avevo cominciato cercare materiale per scrivere l'Abisso. Per questo comincio a crederci veramente. 
Saranno giorni intensi, anche difficili, senza mai fermarsi, ma è proprio grazie a quel continuo movimento che una pellicola di fotogrammi fissi e inanimati prende vita sullo schermo. E finalmente si possono raccontare storie che altrimenti sarebbero impossibili. 



Calabria 2009

venerdì 5 giugno 2009

Naica, prima visione europea.

Domenica sera alle 21.30 su La7 verrà presentato il documentario prodotto da National Geographic sulla Grotta di Naica. È stato un lungo e snervante lavoro per il team La Venta, finalmente visibile anche sulla televisione italiana. Negli stati uniti è già stato presentato ed è stato accolto con il massimo di ascolti per un documentario nel 2008 (là è uscito a novembre). 
Si tratta di un bel prodotto divulgativo, un po' all'americana, dove i nostri Badino, Tullio e Forti sono costantemente presenti come coordinatori e protagonisti delle operazioni scientifiche e speleologiche. Certo il film che invece uscirà a ottobre sarà qualcosa di più "sentito", non un semplice documentario da cliché. Ma intanto le immagini video di Naica, per chi non le ha ancora viste, sono qualcosa di straordinario che fanno pensare a un mondo alieno. E a me fa sempre un certo effetto pensare che ormai un paio di anni fa, anch'io ho avuto la fortuna di sedermi su quei cristalli giganteschi e lasciarmi rapire da quella incomprensibile bellezza. 



martedì 5 maggio 2009

Tepui, il trailer

Eccolo, dopo averci lavorato un paio di settimane, dopo averlo presentato a Icnussa insieme con Freddy e Raul, venuti apposta dal Venezuela. Grandi! Quando si riparte?
Speriamo tra non molto di poter avere anche tutto il doc... ci stiamo lavorando.

Progetto Tepui from LaVenta Esplorazioni Geografiche on Vimeo.

martedì 14 aprile 2009

Una traversata oltre il sogno

Eccomi di nuovo ritornato. Smaltendo il fuso orario e la stanchezza del viaggio (15 ore di pulmann e altrettante di aereo), mi trovo ora sui Monti Lessini ad assaporare un po’ di tranquillità… quella che ci vuole dopo giorni così intensi di viaggio.
Come è andata? Bè, le premesse non erano delle più semplici: accompagnare trenta persone nella traversata della Cueva del Rio La Venta dopo che l’anno scorso quella stessa grotta aveva rischiato di ammazzarci tutti con una piena improvvisa. Solo una mente un po’ annebbiata e sempre entusiasta come quella di Tullio poteva convincersi che una cosa del genere era possibile.
Così ci siamo trovati là, in tanti, da tante parti del mondo (20 italiani, 2 rumeni, 1 spagnolo, 5 messicani), senza neanche conoscerci bene. Ma sapevamo che la grotta avrebbe fatto il resto.
Non è stata fatica, ma un grande divertimento, accompagnare Cecilia e Chiara fino alla terribile Escala del Diablo, per poi tornare a passare la notte all’ingresso del Sumidero II° in compagnia del grande Gianpaolo, speleologo toscano esploratore del Gigi Squisito. Addirittura tornando verso fuori con le ragazze ci siamo improvvisati in un’esplorazione attraverso una nuova galleria allagata dove abbiamo nuotato allegramente per una decina di metri per poi risbucare sulla via principale.
La mattina dopo rientriamo per raggiungere tutti gli altri che nel frattempo dovrebbero essere arrivati al campo 1 nel Salone della Città Perduta. L’avventura è appena cominciata, percorriamo veloci luoghi incredibili, come il Lago degli Ignavi, il Salone Murcielagos, ambienti difficili da descrivere, ma che speriamo, una volta usciti, almeno le foto riusciranno finalmente a parlarne. Troviamo un campo pieno di vita, allestito su un terrazzo sabbioso di fianco a un gigantesco complesso concezionale. Da qui, in venticinque, creiamo un serpente luminoso difficilmente ripetibile e proseguiamo lungo la terribile Selva de Pedra.
Mihai, speleologo rumeno, mi procede sistemando gli armi da me tralasciati l’altra volta, mentre io piazzo qualche rifrangente per rendere il percorso meno labirintico. Gli ambienti si susseguono insieme ai ricordi dell’anno scorso, quando insieme a Jean Pierre avanzavamo lasciandoci trasportare dall’acqua nella tumultuosa Forra di Ollin. Poi la Cascata del Vento, con il suo rombo caratteristico. Ogni volta che ci fermiamo ad armare si accumula dietro di noi un folto gruppo di persone.
È bello fumarsi una sigaretta scroccata a Paolo, così in compagnia, discutendo di quanto è incredibile questo posto. Poi si avanza ancora, lasciandoci indietro i vari gruppi addetti alla fotografia di questo o di quell’altro salone. Ed eccoci alle Porte del Caos, un ambiente immenso che durante le piene si riempie d’acqua formando un lago pazzesco che poi trabocca nella soprastante Forra dei Sogni. Non ve la descrivo, non ci riuscirei. Sicuramente il luogo più bello di tutta la grotta.
La sera ci accampiamo stanchi al Corridoio dei Tapiri, nome appropriato visto che dopo due giorni di grotta sembriamo proprio 25 tapiri che si rotolano con i sacchi a pelo nella sabbia. Comunque al campo non manca nessuna comodità: cibo, rum, dolci liofilizzati… si gira tranquillamente in mutande e magliettina, a piedi nudi, cullati da un bel venticello caldo che nel nostro continente è inimmaginabile.
Terzo giorno. Proseguiamo avanti nella parte più affascinante della grotta. A Tullio e Riccardo aspetta il compito più difficile: fotografare il Salone Metnal. È dall’anno scorso che ho impressa nella mente l’immagine di quel luogo: un enorme colata che si getta in un lago blu smeraldo mentre dall’altra parte una gigantesca stalagmite s’innalza sopra le sue rive. Non è una foto, questa è “la foto”. Lasciati loro a lavorare noi proseguiamo oltre. Vincenzo, il nostro appuntato siciliano, non si sente bene, ha conati di vomito e giramenti di testa. È meglio farlo uscire. O meglio, è l’unica cosa che si può fargli fare. Quindi avanziamo, trovando la strada per il Teatro. Da qui abbandono tutti gli altri a far foto e mi avvio verso l’uscita ormai vicina insieme con l’ammalato. Usciamo che il canyon è ancora illuminato dal sole e reso vivo dai versi dei pappagalli. Mi godo questo spettacolo per pochi minuti, affido Vincenzo al buon Lucas, venuto a darci supporto esterno, e rientro nella Cueva per dare una mano agli altri. Ho ancora un conto in sospeso: il Salone della Cascata. L’anno scorso l’avevo percorso in mezzo alle tenebre di una nube di vapor acqueo, mentre la piena incalzava facendo sembrare la cascata una sorta di mostro affamato di speleologi. Insieme con Filippo vogliamo fotografarlo. Una volta accesi i fari ci rendiamo conto di quanto sia meravigliosa anche questa immensa sala, forse la più grande della grotta. Ci si arriva scendendo lungo un enorme complesso di vasche e colate concrezionali. Al di sotto della cortina sbuca con un getto assordante la grande cascata. Ci piazziamo in giro ragionando una foto che deve raccontare quel luogo. Uno, due, tre prove e ci riesce, tra le grida di gioia del fotografo che nonostante la stanchezza ha ancora entusiasmo da vendere. Ancora uno scatto, l’ultimo, sulla risalita di uscita, e poi eccoci fuori. Almeno noi della prima squadra, perché gli altri tarderanno ancora qualche ora fotografando negli ambienti precedenti.
Camminando lungo le sponde del Rio La Venta, sul fondo del grande Canyon, arriviamo al campo della Croce dove Cecilia, Chiara e Sara, ci stanno aspettando insieme a una decina di messicani che hanno pescato tutto il giorno per noi. Ora il bottino si trova a rosolare sulle braci e ben presto ci gettiamo all’attacco del cibo, rinfrancati da una buona bottiglietta di tequila. Poi ci stendiamo sulla sabbia. Sopra di noi cinquecento metri di parete a strapiombo sul fiume, e poi oltre il cielo stellato del Messico.
Certo, un po’ meno traumatico dell’altra volta.
Ora la grotta, questi luoghi, li sentiamo più amici. Questa volta ci hanno proprio fatto un regalo.


PS. Le foto di grotta sono di Giuseppe Savino, per tutte le altre dovrete avere pazienza perché confluiranno in un libro sulla grotta dove le potrete ammirare ben presto.



Il Salone della Città Perduta


Nei primi pozzi del Sogno Bianco


Con Gianpaolo in una grande dolina del sistema Narano


Uno degli ingressi della Grotta del Narano, nella parte alta del sistema carsico del Rio La Venta


Tre specie caratteristiche di laventini


Con Cecilia, sostegno logistco e morale.